| 
   Troppo le
  mire estende uom ch'è fra' lacci ancora, 
  Poco non è,
  se ottiene la libertà che implora. 
  Per ostentar
  coperta qual libero la chioma, 
  Susciti in
  suo favore Lelio, Scipione e Roma; 
  Ma seco non
  presuma scioglier dai lacci miei 
  Schiava, che
  alle mie fiamme concessero gli dei. 
  Vegg'or
  perché rubella è al mio bel foco, e schiva: 
  Del cuor
  della mia preda è costui che mi priva. 
  Solo di
  libertade abbia Terenzio il dono; 
  A questo
  patto, amico, teco impegnato io sono. 
  Ma se in amor
  persiste a contrastarmi ingrato, 
  Non pensi a
  libertade, non pensi a cambiar stato. 
  Roma non mi
  comanda; Roma nel tetto mio 
  Il mio piacer
  rispetti. Son cittadino anch'io. (parte.) 
   |