LEL.
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Anche fra'
padri eccelsi vibra Cupido i strali.
Sono agli
eroi non meno che agl'infimi fatali.
Etade non
rispetta, grado, virtù, valore,
Il vincitor de'
numi micidiale Amore.
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TER.
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Signor, qual
uom che pende da oracolo divino,
Tal io da'
labbri tuoi attendo il mio destino.
Qual si mostrò
Lucano delle mie brame al volo?
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LEL.
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Libero sei, se
'l chiedi; ma senza sposa, e solo.
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TER.
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La grazia
dimezzata rende mal pago il cuore;
Peggio, delle
due parti se perdesi il migliore.
Amo la
libertade, amo la donna bella,
Ma questa
delle due mi piace più di quella;
Onde, se a me
si nega ciò che quest'alma adora,
Sa ricusar
Terenzio la libertade ancora.
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LEL.
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Perdere un sì
bel dono per lei non ti consiglio,
Che può, dopo
il tuo bene, formare il tuo periglio.
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TER.
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Lelio, di tai
concetti piene ho le carte anch'io,
Ma in ciò
dalla mia penna discorda il desir mio.
Insite per
natura son le passioni al cuore,
Non vagliono
ragioni per vincere l'amore.
Nella
commedia a cui dà il titolo Formione,
Anch'io
sgridai l'amore del giovane Antifone,
Ma allor che
la morale spargea su' fogli miei,
Se gli occhi
di soppiatto miravo di colei,
Dicea: Tu sei
pur bella, amabile Creusa!
E al cuor del
figlio amante mi suggeria la scusa.
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LEL.
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Ma che far
vuoi, se invano a chiederla ritorni?
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TER.
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Soffrir nostre
catene ancor per pochi giorni.
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LEL.
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Per pochi
giorni? E come discioglierai quel nodo?...
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TER.
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Eh, san trovar
di sciorlo l'anime franche il modo.
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LEL.
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Troncar colla
tua mano vuoi della vita il velo?
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TER.
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No; serbar
vo' la vita, finché la serba il cielo.
Hassi a
morir, gli è vero, ed è fin d'ogni male
Sollecita
anche troppo la morte naturale.
Spero troncar
il laccio, in cui da noi si langue,
Con arte, con
ingegno, non colle stragi e il sangue.
Folle è colui
che affretta suo fin colla sua mano:
In altro mi
uniformo; in ciò non son Romano.
La virtù
dell'eroe credo consista in questo:
Nel tollerar
costante il suo destin funesto.
Morir per
l'onor suo, morir pel suo paese,
È nobile
virtute che le grand'alme accese;
Ma sprezzan
l'alme forti della fortuna il gioco:
Vile è colui
che morte si dà per così poco.
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LEL.
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Vivi per
comun bene, vivi per gloria nostra;
Ma per tua
libertate men tiepido ti mostra.
Per me, pel
tuo Scipione, nostro comune amico,
Per gli edili
di Roma a pro tuo m'affatico.
Deh, l'opera
di tanti struggere non ti piaccia;
Lavinio, il
tuo nemico, più non ti rida in faccia.
Non vaglia
sulle scene al detrattore insano
Il dir:
Terenzio è schiavo; Romani, io son Romano.
Al popol, che
s'appaga di facile ragione,
Con questo nome
in bocca il tuo rivale impone.
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TER.
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Vanti Lavinio
audace di cittadino il nome;
Per questo
non isperi i lauri alle sue chiome.
Scrivo
all'età presente, scrivo all'età future;
Dell'opere si
parli, e non delle avventure.
Che se parlar
di queste s'avesse al mondo in faccia,
Siam conosciuti
entrambi; buon per lui che si taccia.
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LEL.
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Dunque...
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TER.
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Colei
che m'arde, ecco mi viene innante.
Mira, se merta
meno l'amabile sembiante.
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LEL.
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Vaga è, nol nego.
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TER.
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Io
gioco, che se ti fissi in lei,
Ti fa invidiare
Amore perfino i lacci miei.
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LEL.
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Compiango le
tue fiamme, compiango la tua stella.
Pensa, risolvi,
addio. (Lo compatisco, è bella). (da sé, e parte)
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