Carlo Goldoni
Terenzio

ATTO TERZO

SCENA SESTA

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SCENA SESTA

 

Lucano ed i suddetti.

 

LUC.

Grata a Terenzio è Roma.

Sol resta a' pregi suoi libero ornar la chioma.

Romolo, che de' padri la crudeltate ha in ira,

Pietà nel seno mio verso lo schiavo inspira.

FAB.

Romolo, che del Lazio regge fra' numi il fato,

Libero aver fra' suoi aborrisce un ingrato.

LIS.

Lodasi di Lucano l'almo pietoso impegno;

Ma di ricchezze e onori Terenzio non è degno.

LUC.

Qual ragionar novello contr'uom da voi lodato?

FAB.

Terenzio è menzognero.

LIS.

Terenzio è scellerato.

LUC.

Ragion diasi di questo.

FAB.

Schiavo di mente insana,

Amar Livia non teme, seduce una Romana.

LUC.

Livia da lui amata? (a Fabio e Lisca.)

FAB.

Lo so.

LIS.

Di ciò m'impegno.

LUC.

Se libero lo rendo, d'amarla non è indegno.

Olà! (chiama.)

 

 

 


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