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Lucano, Terenzio, Creusa, Lelio, Fabio e Damone.
(Cela negli aspri detti sdegno, vendetta, orgoglio). (da sé.) |
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DAM. |
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CRE. |
Alto signor, che al mondo sei di pietate esempio, (a Lucano.) Degno che a te fra i numi ergasi in Roma un tempio (Parlo con cuor sincero, ché i titoli son vani Dati al popolo greco dai rapitor Troiani): Grata al tuo don, se al piede laccio vil non m'aggrava, Di te l'alma onorata sempre fia serva e schiava. Di me, de' figli miei, di lui ch'ave il mio cuore, Sarai, più che non fosti, l'amabile signore. E a tua virtù più dolce recar potran diletto |
LUC. |
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CRE. |
Non avvilirti... |
LUC. |
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Basta, gentil Creusa, grazie per me si renda, Da me d'entrambi ai doni gratitudine attenda. |
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LUC. |
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In Atene. |
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LUC. |
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LUC. |
Venga egli stesso in Roma. |
Signore... egli è venuto. |
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LUC. |
Come? dov'è? |
Ti è in grado ch'egli a te venga? |
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LUC. |
Sì. |
LUC. |
Come sì tosto? |
È qui. |