Carlo Goldoni
L'amore artigiano

ATTO PRIMO

SCENA QUINTA   Bernardo, e poi Titta

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SCENA QUINTA

 

Bernardo, e poi Titta

 

BERN.

Canta, canta, birbone; a un legnaiuolo

Non do la mia figliuola. Che cos'hanno

Di capitale i falegnami? Oh bella!

Quattro tavole, un banco e uno scalpello,

Una sega, una pialla ed un martello.

TIT.

(Apre la porta della sua bottega, ed esce)

Buon , mastro Bernardo.

BERN.

Buon , Titta.

TIT.

Cosa vuol dir che ancora

Non aprite bottega?

BERN.

Un insolente

Venuto è ad inquietarmi.

TIT.

Sì, ho sentito

Cantar quello sguaiato,

Che con tutte vuol far l'innamorato. (apre la balconata)

BERN.

Se torna a insolentarmi,

So io quel che farò.

TIT.

Non ci pensate.

(entra per la porta della bottega, e si fa subito vedere alla balconata)

La cura a me lasciate.

Se lo veggo passar, con questo spiedo

L'infilzo a dirittura. Son degli anni

Che noi ci conosciamo.

Siamo vicini, siamo,

E anch'io vo' maritarmi;

E vorrei lusingarmi,

Se la figliuola maritar pensaste,

Che a me non la negaste.

BERN.

(Che bel modo

Di chiedere una figlia!) (da sé)

TIT.

Ehi, garzoni,

(uscendo dalla bottega col cassettino nel braccio cogli strumenti)

Presto il foco accendete alla fucina.

Quel ferro arroventate, e quando torno,

Fate che sia tagliato,

E da un capo e dall'altro attortigliato. (torna in bottega)

BERN.

(Titta è un buon artigiano,

Ma è un giovane ancor ei senza giudizio:

Gli piace il vino e delle carte ha il vizio). (da sé)

TIT.

Così, mastro Bernardo, (tornando ad uscir dalla bottega)

Come dicea, ci parleremo.

BERN.

Bene,

Parleremo; c'è tempo.

TIT.

Or deggio andare

Da madama Costanza,

Vedova di monsieur di Cottegò,

A por la serratura ad un burrò.

BERN.

Anch'io un paio di scarpe

Deggio ad essa portar questa mattina;

E anche la mia Rosina,

Se l'avrà terminato,

Dee portarle un andrien che ha rivoltato.

Ma la figliuola ed io

Ci andiam mal volontieri.

È sì sofistica Madama, e così altiera,

Che in ogni lavorier trova che dire:

Strilla, grida, maltratta e fa impazzire.

TIT.

Io con lei non m'impiccio. Ha un cameriere

Che le accomoda il capo, ed è padrone

In casa più di lei. Anzi si dice

(Ma zitto, veh), si dice

Che ne sia innamorata,

Che lo voglia , o sia sposata.

BERN.

Oh, pasticci, pasticci.

TIT.

È meglio sempre...

Come si dice? paribus con paribus.

Io con Rosina, per esempio, oh sì,

Paribus vi saria: non è così?

BERN.

Eh pensate, fratello,

Prima di maritarvi a far cervello.

TIT.

Oh l'ho fatto, l'ho fatto.

Mastro Bernardo, su la mia parola...

Meco non staria mal vostra figliuola.

 

Da che penso a maritarmi

Principiato ho a governarmi.

Son tre mesi che non gioco,

Son tre ch'io bevo poco.

Ho lasciato ogni altro vizio,

E giudizio - voglio far.

Ci vedremo, - parleremo,

Ci potremo - accomodar. (parte)

 

 

 


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