Carlo Goldoni
L'uomo di mondo

ATTO SECONDO

SCENA QUINDICESIMA

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SCENA QUINDICESIMA

 

Momolo e detti

 

MOM. Animo, putti. Mettè su i risi. (entrando parla verso la scena)

ELEON. (Cieli! qui Momolo?) (da sé)

MOM. Patroni. Le compatissa... Cossa vedio? Sior Dottor? Siora Leonora?

BEAT. Li conoscete dunque.

MOM. Se li cognosso? e come! Sior Dottor xe el più caro amigo che gh'abbia, e siora Leonora xe una patrona che venero e che rispetto. (con tenerezza)

ELEON. Il signor Momolo si prende spasso di me.

BEAT. (Alle parole e ai gesti parmi che fra di loro vi sieno degli amoretti. Mi dispiace un simile incontro). (da sé)

SILV. Ho piacere che siensi ritrovate insieme da noi persone che si conoscono e sono in buona amicizia. Il signor Dottore e la signora Eleonora possono favorire di restar a pranzo con noi. Che dice il signor Momolo?

MOM. Magari! Son contentissimo. Adesso subito, con so licenza. (vuol partire)

BEAT. Dove andate, signore?

MOM. La vede ben, un disnaretto parecchià per tre, no pol bastar per cinque. Vederemo de repiegar.

ELEON. (Il signor Momolo, a quel ch'io sento, è il provveditore). (da sé)

SILV. Non vi prendete pena per questo. Parlerò io con il locandiere.

DOTT. Facciamo così, signori. Il pranzo da noi sarà bello e lesto. La casa nostra è pochi passi lontana. Andiamo tutti a mangiare quel poco che ci darà la nostra cucina.

SILV. Che dice il signor Momolo?

MOM. Cossa dise siora Leonora?

ELEON. Io non c'entro, signore. (sostenuta)

DOTT. Via, risolviamo, che l'ora è tarda.

BEAT. Dispensateci, signore, per questa mattina. (Capisco che questa giovane è innamorata). (da sé)

ELEON. (La mia compagnia le soggezione). (da sé)

DOTT. Signor Silvio, vedete voi di persuaderla.

SILV. Via, non ricusiamo le grazie di questo signore, giacché il signor Momolo viene con esso noi.

ELEON. (Anche al marito preme la compagnia che non dispiace alla moglie). (da sé)

BEAT. Ora non ho volontà di vestirmi.

DOTT. Se stiamo qui dirimpetto!

SILV. Possiamo andare come ci ritroviamo.

BEAT. Conviene unire le robe nostre.

DOTT. Si chiude la stanza, e si portan via le chiavi.

ELEON. (Ci viene mal volentieri; lo conosco). (da sé)

MOM. Via, siora Beatrice, da brava. Andemo in casa de sior Dottor, che staremo meggio. Cossa disela, Leonora?

ELEON. Siete curioso davvero. Se dipendesse da me!...

MOM. Se dipendesse da ela, son certo che la dirave: andemo.

BEAT. All'incontrario; io credo ch'ella anderebbe senza di noi.

ELEON. Perché credete questo, signora?

BEAT. Perché mi pare che la nostra compagnia non abbia la fortuna di soddisfarvi.

ELEON. Dite piuttosto che a voi piace meglio la picciola conversazione.

SILV. Orsù, se la cosa si mette in cerimonia o in puntiglio, la conversazione è finita. Signor Dottore, accettiamo le vostre cortesi esibizioni. Consorte, senz'altre repliche, andiamo.

DOTT. Bravo, così mi piace.

BEAT. (Prevedo qualche sconcerto). (da sé)

MOM. (Son un pochetto intrigà, ma me caverò fora). (da sé)

SILV. Permetta la signora Eleonora che io abbia l'onor di servirla. (le offre la mano)

ELEON. Riceverò le sue grazie. Via, signor Momolo, serva la signora Beatrice.

MOM. Vorla ela, sior Dottor?

DOTT. Oh, io non sono al caso. Tocca a voi.

BEAT. La strada è breve; non ho bisogno che nessuno per me s'incomodi. (parte)

ELEON. (Che affettazione! Tanto peggio mi fan pensare). (parte con Silvio)

DOTT. Via, non lasciate andar sola quella signora. (a Momolo)

MOM. Se no la vol... (Stago fresco da galantomo). (da sé, indi parte)

DOTT. Parmi ch'egli abbia un poco di soggezione per Eleonora. Se fosse vero! chi sa? (parte)

 

 

 


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