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CEL. Ah, il cielo vi ha mandato.
PANT. Semo qua colle solite rane.
CEL. Voi non mi credete, ed io mi sento un gran male. Tastatemi il polso per carità.
CEL. Ma se ora casco; se non ho più polsi! (tastandosi)
CEL. Tenete. (gli dà il polso)
PANT. Oh bello! (tastandolo)
CEL. Ah?
CEL. Che?
PANT. Una, do, tre e quattro. (come sopra)
CEL. Quattro, che?
PANT. Quattro rane, una più bella dell'altra.
PANT. Sì, el va ben. No gh'avè gnente a sto mondo.
PANT. Aspettè, che ve tasterò el polso dove che stè pezo.
PANT. Qua, compare. (gli mette una mano sulla fronte)
PANT. I sbazzega. (scuotendogli il capo)
CEL. Non fate così, che le cervelle si possono distaccare dal cranio.
PANT. Amigo caro, me xe stà dito, che stè poco ben, e son vegnù a posta per farve varir.
CEL. Come?
PANT. Sì ben: da un miedego che ve varirà.
CEL. Questo signore non potrebbe venir da me?
PANT. Non potrebbe.
PANT. Poco lontan: al Salvadego.
CEL. Al Selvatico? All'osteria?
PANT. Sì ben, e saveu cossa che ha da esser el vostro medicamento? Magnar, bever, e star allegramente con quattro galantomeni, e vu, che fa cinque.
CEL. Ci verrei volentieri, ma ho paura.
CEL. Non istò bene. (si tasta il polso)
PANT. E sempre col polso in man. Se farè cussì, deventerè matto.