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ARG. Signore. Dice la signora Flaminia, che se volete andare da lei, siete il padrone.
ARG. (Traccagnino non vi è più. Son curiosa di sapere come ha finito). (da sé, e parte)
PANT. Quello donca xe un miedego.
PANT. E no l'è Traccagnin.
CEL. No, è suo fratello. Traccagnino non è zoppo.
PANT. Compare, i ve tol in mezzo.
PANT. La discorreremo. Vago da siora Flaminia, e po torno da vu.
CEL. Sì, tornate, che vi ho da parlare.
CEL. Ho speranza che diveniamo parenti.
PANT. Come?
CEL. Se mia nipote non vi dispiacesse...
PANT. V'ala dito gnente de mi?
CEL. Mi ha parlato di voi con qualche passione.
PANT. (Oh che galiotta!) (da sé) Discorreremo.
CEL. Caro amico, volesse il cielo!
PANT. Se fusse seguro che la me volesse ben...
CEL. Credetemi, che ve ne vuole.
PANT. (Gnente no credo). (da sé) Anca mi no la me despiase.
CEL. Via dunque, che si facciano queste nozze.
PANT. Chi sa! Parleremo. (Gh'ho in testa che la se voggia devertir; ma se ella la xe dretta, gnanca mi no son gonzo). (da sé, e parte)
CEL. Eppure non mi par di sentirmi quel gran male... Potrebbe darsi, che divertito dalle parole... Il polso come sta? Sbalza al solito. Se mai fosse vero quello che ha detto il medico? Se mi venisse un accidente? (sputa) Il medico non sarà ancora partito. (parte)