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CEL. Nipote mia, dove vi cacciate voi, che non vi lasciate trovare?
CLAR. Eccomi qui, signore. Vi occorre nulla da me?
CEL. Per voi si può morire; non vi lasciate vedere.
CLAR. Vi è venuto forse qualche accidente?
CEL. (Sputa) No, per grazia del cielo. Non mi parlate di queste cose per carità.
FLA. In verità, signor Celio, avete una buonissima cera.
CEL. In buon punto, in buon'ora lo possa dire che il cielo mi conservi.
CLAR. Via, state allegro. Siete grasso, rosso, fresco...
CEL. In buon punto, in buon'ora lo possa dire che il cielo mi conservi.
CLAR. Sì, caro zio, il cielo vi conservi.
CEL. Un grand'uomo è quel signor Pantalone. Basta ch'io lo veda, basta che stia un'ora con lui, mi passa tutto.
FLA. Il signor Pantalone è adorabile.
CLAR. In fatti, dopo che siete stato a desinare con lui, siete più allegro, più brillante, più bello.
CEL. In buon punto, in buon'ora lo possa dire che il cielo mi conservi.
CLAR. Sono svaniti i giramenti di testa?
CEL. Sì. Ma non mi parlate di queste cose. Nipote mia, il signor Pantalone è la mia salute. Egli mi ha guarito; in buon punto lo possa dire, e desidero d'averlo sempre al mio fianco; onde voglio assolutamente che si faccia questo matrimonio.
FLA. Qual matrimonio, signore?
CEL. Del signor Pantalone con mia nipote.
FLA. È disposto il signor Pantalone?
CEL. Signora sì, è disposto. Gliel'ho detto, Clarice, e spero che si farà senz'altro.
FLA. Me ne rallegro infinitamente.
CLAR. (Ora la scena si fa più bella). (da sé) Come gli avete detto, signor zio?
CEL. Gliel'ho detto... Non mi ricordo più le precise parole: ma contentatevi, ch'egli non è lontano.
FLA. (Le mie speranze sono perdute). (da sé)