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Arlecchino. Si ferma con ammirazione ad ascoltar la canzone. Terminata che l’hanno, s’accosta alla tavola, si empie un bicchiere di vino, canta anch’egli la canzone stessa, beve, poi col bicchiere se ne va.
Con. Bravo cameriere! Lodo il suo spirito.
Alv. Voi altri ridete di simili scioccherie? In Ispagna un cameriere per tale impertinenza si sarebbe guadagnato cinquanta bastonate.
Mon. E in Francia costui farebbe la sua fortuna. I begli spiriti vi sono applauditi.
Mil. Voi altri stimate gli uomini di spirito, e noi quelli di giudizio.
Mon. Ma torniamo al nostro proposito. Quella vedova mi sta nel cuore.
Con. Vi consiglio a non fissarvi in questo pensiero.
Mon. Perché‚?
Con. Perché‚ la signora Rosaura è una donna nemica d’amore, sprezzante degli uomini e incapace di tenerezza. (Meco solo grata e pietosa.)
Mon. Eh, sia pur ella selvaggia più d’una belva, se un vero Francese, come sono io, arriva a dirle alcuni di que’ nostri concetti, fatti apposta per incantar le donne, vi giuro che la vedrete sospirare e domandarmi pietà
Alv. Sarebbe la prima donna che negasse corrispondenza a Don Alvaro di Castiglia. Gli uomini della mia nascita hanno il privilegio di farsi correr dietro le femmine.
Con. Eppure con questa né la disinvoltura francese, né‚ la gravità spagnola potrà ottenere cosa alcuna. So quel che dico; la conosco, credetelo a un vostro amico.
Mon. Stanotte la vidi guardarmi sì attentamente, che ben m’accorsi
dell’impressione che fatta avevano i miei occhi nel di lei cuore. Ah, nel darle la mano nell’ultimo minuè, mi parlò sì dolcemente, che fu miracolo che non le cadessi prostrato ai piedi.
Alv. Io non soglio vantarmi delle finezze delle belle donne; per altro avrei molto da dir per confondervi.
Mon. Monsieur Pantalone, di lei cognato, è mio buon amico. Non lascerà d’introdurmi.
Alv. Il Dottore suo padre è mio dipendente. Mi sarà egli di scorta.
Con. (Sarà mia cura di prevenirla.)
Mil. (chiama, e s’alza da sedere) Ehi?