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Ros. Odi, Marionette, ti voglio confidare una mia invenzione, che forse non ti sembrerà meno spiritosa di quelle che sogliono porre in uso le tue madame.
Mar. Eh, quanto a questo, ve l'ho sempre detto. Voi avete uno spirito superiore alle altre Italiane.
Ros. Voglio fare una esperienza dell'amore e della fede dei miei quattro amanti. Coll'occasione del carnovale e delle maschere, vo' travestirmi, e trovandomi separatamente, voglio fingermi con ciascheduno un'incognita amante, e vedere se in grazia mia sanno disprezzare un'avventura amorosa; anzi, perché la prova sia più efficace, mi fingerò della nazione di ciascheduno di essi, e coll'aiuto di un abito bene assetato, della maschera, delle lingue che già sufficientemente io possiedo, e di qualche caricatura all'usanza di quei paesi, cercherò di farmi credere sua paesana. Mi lusingo di riuscirvi, ché per imitare io valeva un Milano sin da ragazza. Chi saprà resistere a questa tentazione, sarà da me prediletto.
Mar. Non mi dispiace il pensiero; ma preveggo bene probabilmente, che non ne sposerete nessuno.
Ros. Perché?
Mar. Perché è difficile che un uomo resista, solleticato da una tentazione sì forte.
Ros. L'effetto deciderà. Per sostenere i vari caratteri, ho bisogno però di qualche istruzione. Tu puoi giovarmi nel personaggio francese.
Mar. E anco nell'inglese, sendo stata in Londra tre anni. Tutto consiste, vedete, in saper unire l'amoroso al serio, e in certe riverenze curiose, che sono particolari alle donne di quella nazione.
Ros. M'ingegnerò di riuscirvi.
Mar. Ma la voce vi darà a conoscere.
Ros. La maschera altera facilmente la voce.