Carlo Goldoni
La vedova scaltra

ATTO TERZO

Scena Diciottesima. Il Conte ed Arlecchino

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Scena Diciottesima. Il Conte ed Arlecchino

 

Strada remota.

 

Con. Che cosa mi vai dicendo, che non t'intendo?

Arl. Digh cussì che la signora Rosaura ha mandà a invidar la locanda per la conversazion de stassera.

Con. Che diavolo dici! Ha mandata ad invitar la locanda?

Arl. Vogio dir...Sia maledetto! Una burla che ho fatto a uno Spagnuolo, m'ha fatto tanto ridere, che rido ancora e non so cossa che me diga.

Con. Hai forse fatto qualche scherzo a Don Alvaro?

Arl. Giusto a elo.

Con. E in che consiste?

Arl. Finzendo de portarghe un'ambassada della signora Rosaura...

Con. Dunque don Alvaro ha l'accesso della signora Rosaura?

Arl. Signor sì l'accesso, el secesso. E stassera l'è invidà anca lu alla conversazion della vedoa.

Con. Anch'egli? Ed io non son del numero degli invitati?

Arl. Padron sì; questo è quello che voleva dir dell'ambassada fatta alla locanda.

Con. Ora ho capito. La signora Rosaura questa sera darà una conversazione in sua casa ?

Arl. Signor sì.

Con. L'invito suo mi consola, ma temo di ritrovare nei convitati altrettanti rivali.

Arl. No ve dubitè gnente. Una donna de garbo sa soddisfar tutti senza difficoltà.

 


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