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ATTO SECONDO
Scena Undicesima. Geltruda sulla terrazza, e detti [poi Limoncino e Tognino]
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
GELTRUDA Signori miei, cos'è questa novità?
CONTE Perché ci avete serrata la porta in faccia? (a Geltruda)
GELTRUDA Io? Scusatemi. Non sono capace di un'azione villana con chi che sia. Molto meno con voi, e col signor Barone che si degna di favorir mia nipote.
BARONE Ma, signora mia nell'atto che volevamo venir da voi, ci è stata serrata la porta in faccia.
GELTRUDA Vi protesto che non vi aveva veduti, ed ho serrato la porta per impedire che non entrasse quella scioccherella di Giannina.
GIANNINA (mette fuori la testa con pausa dalla sua porta) Cos'è questa scioccarella? (caricando con disprezzo, e torna dentro)
CONTE Zitto lì impertinente. (contro Giannina)
GELTRUDA Se vogliono favorire darò ordine che sieno introdotti. (via)
BARONE Non ho niente che dire.
CONTE Cosa volete fare di quelle pistole?
BARONE Scusate la delicatezza d'onore... (mette via le pistole)
CONTE E volete presentarvi a due donne colle pistole in saccoccia?
BARONE Le porto in campagna per mia difesa.
CONTE Ma se lo sanno che abbiate quelle pistole: sapete cosa sono le donne, non vorranno che vi accostiate.
BARONE Avete ragione. Vi ringrazio di avermi prevenuto, e per segno di buona amicizia, ve ne faccio un presente. (le torna a tirar fuori e gliele presenta)
CONTE Un presente a me? (con timore)
BARONE Sì, spero che non lo ricusarete.
CONTE Le accetterò perché vengono dalle vostre mani. Sono cariche?
BARONE Che domanda! Volete ch'io porti le pistole vuote?
CONTE Aspettate. Ehi dal caffè.
LIMONCINO (dalla bottega del caffè) Cosa mi comanda?
CONTE Prendete queste pistole, e custoditele che le manderò a pigliare.
LIMONCINO Sarà servito. (prende le pistole del Barone)
CONTE Badate bene che sono cariche.
LIMONCINO Eh ch'io le so maneggiare. (scherza con le pistole)
CONTE Ehi, ehi non fate la bestia. (con timore)
LIMONCINO (È valoroso il signor Conte). (via)
CONTE Vi ringrazio, e ne terrò conto. (Dimani le venderò).
TOGNINO (dal palazzino) Signori, la padrona li aspetta.
CONTE Ah! che ne dite? Sono uomo io? Eh collega amatissimo. Noi altri titolati! La nostra protezione val qualche cosa. (s'incammina)
GIANNINA (di casa, pian piano, va dietro di loro per entrare. Il Conte ed il Barone entrano, introdotti da Tognino, che resta sulla porta. Giannina vorrebbe entrare, e Tognino la ferma)
TOGNINO Voi non ci avete che fare.
GIANNINA Signor sì, ci ho che fare.
TOGNINO Ho ordine di non lasciarvi entrare. (entra e chiude la porta)
GIANNINA Ho una rabbia a non potermi sfogare, che sento proprio che la bile mi affoga. (avanzandosi) A me un affronto? A una giovane della mia sorte? (smania per la scena)