Carlo Goldoni
Il ventaglio

ATTO TERZO

Scena Seconda. Coronato dall'osteria, e detti

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Scena Seconda. Coronato dall'osteria, e detti

 

CORONATO Mi comandi.

BARONE È venuto il signor Evaristo?

CORONATO Non l'ho ancora veduto, signore. Mi dispiace che il pranzo è all'ordine, e che la robba patisce.

CONTE Evaristo è capace di divertirsi alla caccia fin sera, e farvi star senza pranzo.

BARONE Cosa volete che io faccia? Ho promesso aspettarlo.

CONTE Aspettarlo, va bene fino ad un certo segno. Ma caro amico, non siete fatto per aspettare un uomo di una condizione inferiore alla vostra. Accordo la civiltà, l'umanità, ma, collega amatissimo, sosteniamo il decoro.

BARONE Quasi quasi vi pregherei di venir a occupare il posto del signor Evaristo.

CONTE Se non volete aspettare, e se vi rincresce di mangiar solo, venite da me, e mangeremo quello che ci sarà.

BARONE No caro Conte fatemi il piacere di venir con me. Mettiamoci a tavola, e se Evaristo non ha discrezione a suo danno.

CONTE Che impari la civiltà. (contento)

BARONE Ordinate che diano in tavola. (a Coronato)

CORONATO Subito resti servita. (Avanzerà poco per la cucina).

BARONE Andrò a vedere che cosa ci hanno preparato da pranzo. (entra)

CONTE Avete portato l'altro barile di vino? (a Coronato)

CORONATO Signor sì l'ho mandato.

CONTE L'avete mandato? Senz'accompagnarlo? Mi faranno qualche baronata.

CORONATO Le dirò, ho accompagnato il garzone fino alla punta dello stradone, ho incontrato il suo uomo...

CONTE Il mio fattore?

CORONATO Signor no.

CONTE Il mio cameriere?

CORONATO Signor no.

CONTE Il mio lacchè?

CORONATO Signor no.

CONTE E chi dunque?

CORONATO Quell'uomo che sta con lei che va a vendere i frutti, l'insalata, gli erbaggi...

CONTE Come! quello...

CORONATO Tutto quel che comanda. L'ho incontrato, gli ho fatto veder il barile, ed egli ha accompagnato il garzone.

CONTE (Diavolo! colui che non vede mai vino è capace di bevere la metà del barile). (vuol entrare)

CORONATO Favorisca.

CONTE Cosa c'è? (brusco)

CORONATO Ha parlato per me a Giannina?

CONTE Sì, l'ho fatto.

CORONATO Cosa ha detto?

CONTE Va bene, va bene. (imbarazzato)

CORONATO Va bene?

CONTE Parleremo, parleremo poi. (in atto di entrare)

CORONATO Mi dica qualche cosa.

CONTE Andiamo, andiamo che non voglio far aspettare il Barone. (entra)

CORONATO (Ci ho buona speranza... È un uomo che quando vi si mette... qualche volta ci riesce). Giannina. (amoroso e brusco)

GIANNINA (fila e non risponde)

CORONATO Almeno lasciatevi salutare.

GIANNINA Fareste meglio a rendermi il mio ventaglio. (senza guardar, e filando)

CORONATO Sì... (Uh, a proposito mi ho scordato il ventaglio in cantina!) Sì sì, parlaremo poi del ventaglio. (Non vorrei che qualcheduno lo portasse via). (entra)

CRESPINO (ride forte)

SUSANNA Avete il cuor contento signor Crespino, ridete molto di gusto.

CRESPINO Rido perché ho la mia ragione di ridere.

GIANNINA Voi ridete, ed io mi sento rodere dalla rabbia. (a Crespino)

CRESPINO Rabbia? E di che avete rabbia?

GIANNINA Che quel ventaglio sia nelle mani di Coronato.

CRESPINO Sì, è nelle mani di Coronato. (ridendo)

GIANNINA E per che cosa ridete?

CRESPINO Rido perché è nelle mani di Coronato. (si alza, prende gl'avanzi del desinare, ed entra in bottega)

GIANNINA È un ridere veramente da sciocco.

SUSANNA Non credeva che il mio ventaglio avesse da passare per tante mani. (lavorando)

GIANNINA Il vostro ventaglio? (voltandosi con dispetto)

SUSANNA Sì, dico il mio ventaglio, perché è sortito dalla mia bottega.

GIANNINA M'immagino che ve l'avranno pagato.

SUSANNA Ci s'intende. Senza di questo non l'avrebbero avuto.

GIANNINA E l'avranno anche pagato il doppio di quel che vale.

SUSANNA Non è vero, e se fosse anche vero, cosa v'importa? Per quello che vi costa lo potete prendere.

GIANNINA Cosa sapete voi quello che mi costi?

SUSANNA Oh se vi costa poi qualche cosa... non so niente io... Se chi ve l'ha dato ha delle obbligazioni... (con flemma caricata, satirica)

GIANNINA Che obbligazioni? Cosa parlate d'obbligazioni? Mi maraviglio de' fatti vostri. (balza in piedi)

SUSANNA Ehi, ehi non crediate di farmi paura.

CRESPINO (dalla bottega) Cosa c'è? Sempre strepiti, sempre gridori.

GIANNINA (Ho una volontà di rompere questa rocca). (siede e fila)

SUSANNA Non fa che pungere, e non vuol che si parli.

CRESPINO Siete in collera Giannina? (siede e si mette a lavorare)

GIANNINA Io in collera? Non vado mai in collera io. (filando)

SUSANNA Oh ella è pacifica, non si altera mai. (ironica)

GIANNINA Mai, quando non mi tirano per li capelli, quando non mi dicono delle impertinenze, quando non pretendono di calpestarmi. (in modo che Susanna senta)

SUSANNA (mena la testa, e brontola da sé)

CRESPINO Sono io che vi maltratta che vi calpesta? (lavorando)

GIANNINA Io non parlo per voi. (filando con dispetto)

SUSANNA No non parla per voi, parla per me. (burlandosi)

CRESPINO Gran cosa! In questo recinto di quattro case non si può stare un momento in pace.

GIANNINA Quando vi sono delle male lingue...

CRESPINO Tacete, ch'è vergogna...

SUSANNA Insulta, e poi non vuol che si parli.

GIANNINA Parlo con ragione, e con fondamento.

SUSANNA Oh è meglio, ch'io taccia, ch'io non dica niente.

GIANNINA Certo, ch'è meglio tacere che dire delle scioccherie.

CRESPINO E vuol esser l'ultima.

GIANNINA Oh sì anche in fondo d'un pozzo.

TIMOTEO (dal palazzino,con sottocoppa e caraffe)

GIANNINA Chi mi vuole mi prenda, e chi non mi vuole mi lasci.

CRESPINO Zitto, zitto non vi fate sentire.

TIMOTEO (In questa casa non ci vado più. Che colpa ci ho io, se queste acque non vagliano niente? Io non posso dare che di quello che ho. In una campagna pretenderebbero di ritrovare le delizie della città. E poi cosa sono i spiriti, gli elisiri, le quintessenze? Ciarlatanate. Questi sono i cardini della medicina: acqua, china e mercurio). (entra nella speziaria)

CRESPINO Bisogna che ci sia qualcheduno d'ammalato in casa della signora Geltruda. (verso Giannina)

GIANNINA Sì quella cara gioia della signora Candida.(con disprezzo)

SUSANNA Povera signora Candida! (forte)

CRESPINO Che male ha?

GIANNINA Che so io che male abbia! Pazzia.

SUSANNA Eh, so io che male ha la signora Candida.

CRESPINO Che male ha? (a Susanna)

SUSANNA Dovrebbe saperlo anche la signora Giannina. (caricata)

GIANNINA Io? Cosa c'entro io?

SUSANNA Sì, perché è ammalata per causa vostra.

GIANNINA Per causa mia? (balza in piedi)

SUSANNA Già con voi non si può parlare.

CRESPINO Vorrei ben sapere, come va quest'imbroglio. (si alza)

GIANNINA Non siete capace che di dire delle bestialità. (a Susanna)

SUSANNA Via, via la non si scaldi.

CRESPINO Lasciatela dire. (a Giannina)

GIANNINA Con qual fondamento potete dirlo? (a Susanna)

SUSANNA Non parliamo altro.

GIANNINA No, no parlate.

SUSANNA No Giannina non mi obbligate a parlare.

GIANNINA Se siete una donna d'onore parlate.

SUSANNA Oh quando è così, parlerò.

CRESPINO Zitto zitto, viene la signora Geltruda, non facciamo scene dinnanzi a lei. (si ritira al lavoro)

GIANNINA Oh, voglio che mi renda ragione di quel che ha detto. (da sé, camminando verso la sua causa)

SUSANNA (Vuol che si parli? Sì parlerò). (siede e lavora)

CRESPINO (Se posso venire in chiaro di quest'affare...) (siede e lavora)


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