Carlo Goldoni
L'incognita

ATTO PRIMO

SCENA QUARTA

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SCENA QUARTA

 

Rosaura ed il suddetto.

 

ROS. Ah signore, soccorretemi per pietà!

OTT. Chi siete voi?

ROS. Sono una povera sventurata; il mio nome è Rosaura.

OTT. Parmi di avervi un’altra volta veduta.

ROS. Io due volte ho veduto voi.

OTT. Siete dunque di questa terra?

ROS. Sono sei mesi che vi abito.

OTT. Ed io non son che otto giorni, che ho qui ripigliato il soggiorno.

ROS. Deh signore, per carità, difendetemi. Un traditore m’insidia.

OTT. Non temete. In casa mia non vi sarà chi ardisca insultarvi. Ma chi è il vostro persecutore?

ROS. Lelio, figlio di quell’onorato mercante...

OTT. Sì, lo conosco, il figlio di Pantalone: figlio indegno, che degenera affatto dall’onorato carattere di suo padre; ma da voi che pretende?

ROS. Più volte mi ha chiesto amori.

OTT. Qual sorta d’amori?

ROS. Di quelli che chiedono i discoli pari suoi.

OTT. E voi l’avete scacciato?

ROS. Sì signore.

OTT. Vi lodo, vi stimo e vi reputo per una giovane di merito singolare.

ROS. Signore, io non pretendo di aver gran merito a far quello che ogni fanciulla onorata è obbligata di fare.

OTT. Felice il mondo, se tutti facessero quello che sono obbligati a fare. Ma ditemi, chi siete voi? All’aspetto, al brio, al ragionar che voi fate, mostra essere di voi indegno quell’abito villereccio che ora portate.

ROS. I miei casi non sono di così lieve rimarco, che possa farvene brevemente il racconto, né sono in grado di favellare più a lungo, oppressa tuttavia dal timore e dalla pena, che egualmente mi opprimono.

OTT. Qual timore? Qual pena? Voi siete in luogo di sicurezza.

ROS. Ah, che la mia pena, il mio timore, sono diretti a chi amo più di me stessa.

OTT. Dunque amate?

ROS. Signore, e chi non ama?

OTT. E chi è l’oggetto de’ vostri amori?

ROS. Florindo, quel giovane cittadino che abita in questa terra.

OTT. Sì, conosco anche lui. Giovane di buoni e morigerati costumi. Pratica frequentemente nella mia casa. E qual timore avete per lui?

ROS. Lelio lo assalì colla spada.

OTT. Quando? Dove?

ROS. Dietro al vostro giardino, mentre Florindo istesso seco tacitamente mi conduceva.

OTT. Florindo vi conduceva seco tacitamente?

ROS. Lo facea per sottrarmi...

OTT. Sull’alba del giorno? Seco tacitamente?

ROS. Sappiate, signore...

OTT. Voi siete quella giovane savia, che sa con tanto rigore difendere la propria onestà?

ROS. Deh, ascoltatemi...

OTT. Sareste forse una pazzarella, che fugge da un amante per riserbarsi ad un altro?

ROS. Deh, ascoltatemi per pietà!

OTT. Parlate, e non isperate da me soccorso, senza giustificarmi la vostra condotta.

ROS. Ah sì, malgrado la confusione in cui sono, parlerò, mio signore, sì, parlerò. Giuro esser sincera, se tal non sono, scacciatemi, e se vi pare ch’io meriti la vostra pietà, datemi quel soccorso che esigono le mie sventure.

OTT. Via, parlate. (Il di lei volto non mi fa credere ch’ella abbia il cuore scorretto). (da sé)                       

 

 

 


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