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BEAT. Vedete? Questo è quel che si guadagna a ricevere in casa delle persone che non si conoscono.
OTT. Io non mi pento d’aver usati degli atti di pietà ad una ch’io mi lusingava li meritasse.
BEAT. Ciò vi serva d’avvertimento. Gente incognita non ne ricevete mai più.
OTT. Vi ha ella detto nulla dell’esser suo?
BEAT. Sì, cose varie mi ha detto; ma io le credo favole. Da una donna che si è scoperta bugiarda, non si può sperare la verità.
OTT. Di che paese ha detto di essere?
BEAT. Non mi ricordo se sarda o siciliana; di uno di questi due regni assolutamente. Anzi, ora che mi sovviene, ella si fa e dell’uno e dell’altro.
OTT. Nata non può essere in due paesi.
BEAT. In uno è nata, e nell’altro allevata.
OTT. Ma il natale dove lo ha avuto?
BEAT. Se vi dico che non me ne ricordo. (Poco l’ho intesa e meno mi son curata d’intenderla). (da sé)
BEAT. A sentir lei, è di sangue reale.
OTT. Ma come dice essere in questo stato?
BEAT. Tante cose mi ha dette, che troppo vi vorrebbe a rammentarsene. Il padre fuggito, la madre quasi violata, due fratelli uccisi; un vecchio l’ha raccolta bambina... Cose, vi dico, da formare il più bel romanzo del mondo.
OTT. Ma voi in sostanza non sapete niente.
BEAT. Non so e non m’importa sapere.
OTT. Che stravaganza è mai questa? Siete donna, e non avete avuto curiosità di sapere? In verità, questa volta sono più curioso di voi. In quella giovane vi è qualche cosa di stravagante. Orsù, manderò a chiamare Colombina, ch’è quella in casa di cui è stata alloggiata in questi sei mesi, ed ella ci dirà il vero.
BEAT. Sì, mandatela a chiamare, ne avrò piacere. (Vo’ sapere come Florindo si è innamorato). (da sé)
OTT. Oh, chi l’avesse mai detto, che quella giovane che mostrava esser sì buona, fosse per cadere in simile debolezza? Signora consorte, ecco che cosa siete voi altre donne. (parte)
BEAT. Che cosa siam noi? Niente meno degli uomini. Soggette siamo noi pure alle umane passioni, e queste qualche volta ci trasportano, ci violentano. Io che sospirava il momento di questa lunga villeggiatura, unicamente per il piacere di conversar con Florindo, vengo e lo trovo acceso d’amore, in atto di dar la mano di sposo, e ho da soffrirlo placidamente? Non ho da scuotermi? Non ho da dolermi? Eh, sarei stupida se lo facessi. Florindo è un mal creato, ed io lo tratto com’egli merita, quando deludendo le sue speranze, mi vendico col suo dolore. Pensai di fargli sparir l’amata; ma il caso l’ha in braccio condotta del suo rivale. Ciò mi giova assai più; poiché vengo ad ottenere il mio intento senza il pericolo di essere in me scoperta la cagione della sua fuga. Chi prende impegno con una donna, ci pensi bene, poiché o non gli riesce poi ritirarsi, volendo, o se lo fa con violenza, non è sicuro dalla femminile vendetta. (parte)