Carlo Goldoni
L'incognita

ATTO TERZO

SCENA OTTAVA

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SCENA OTTAVA

 

Camera di Ottavio con lumi.

 

Ottavio e Beatrice.

 

OTT. Orsù, preparatevi a partire per Napoli, e in Aversa non pensate a villeggiare mai più.

BEAT. Perché una sì repentina risoluzione? Avete voi soggezione di Lelio? A momenti si aspetta da Napoli un rinforzo di birri con una compagnia di soldati per arrestarlo, e quando alla giustizia non riesca di averlo, a voi non manca il modo di farlo uccidere e vendicarvi.

OTT. Gl’insulti che ho ricevuti da Lelio, non anderanno impuniti; ma questo non è il pensiere che più mi occupa, e che mi fa risolvere l’abbandonamento di questa terra.

BEAT. Dunque che mai vi agita?

OTT. Voi e la vostra imprudenza.

BEAT. Io? Come?

OTT. Avete fatto bastantemente parlar di voi. Le vostre premure per Florindo sono troppo avanzate. Ne dubitai alla prima, ora certo ne sono. Me lo assicurano i ministri del governatore, me lo accerta la servitù, e Florindo istesso, tuttoché colorir procuri con aria di pietà la vostra passione, non sa negarmi di essere da voi con tenerezza distinto. Una moglie onorata non deve nutrir pensieri, li quali a poco a poco scordar le facciano il suo decoro. Io non penso già che la vostra passione ecceda i limiti dell’onestà: che se ciò mi credessi, un veleno, uno stile, sarebbero i vendicatori dell’onor mio. Ma poiché tutte le passioni si rendono col tempo pericolose, riparerò opportunamente ai disordini del vostro cuore. All’alba del giorno salirete nel carrozzino; andrete a Napoli, non vedrete più questa terra, e se non cambierete costume, più non vedrete la luce del sole. (parte)

 

 

 


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