Carlo Goldoni
L'incognita

ATTO TERZO

SCENA DICIASSETTESIMA

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SCENA DICIASSETTESIMA

 

Pantalone e detti. Pantalone butta giù la porta segreta, ed entra con lume e pistolese.

 

PANT. Férmete, desgrazià.

LEL. (Ah maledetta porta! Come diavolo l’ha egli gettata a bassofacilmente?) (da sé)

PANT. Tocco de furbazzo! T’ho trovà sul fatto. Xe un pezzo che so che ti te diletti de menar donne in sta camera. Cossa fastu de quella povera putta?

LEL. Ma chi diavolo ha detto a voi che io era qui?

PANT. Colombina me l’ha dito. Sì, Colombina m’ha trovà a tola, che magnava la mia panada.

LEL. Orsù, signor padre, io non sono quel perfido che voi pensate. Questa giovine io la desidero in moglie. Fino che ella era un’incognita, voi potevate negarmela con ragione; ma ora che si è scoperta essere la figlia del conte Ernesto dell’Isola, spero che mi procurerete una sì buona fortuna.

PANT. Cossa disela, siora, lo vorla mio fio? (a Rosaura)

ROS. No certamente, e prima morirò che sposarlo.

PANT. Sentistu? (a Lelio)

LEL. Via, pregatela, ditele delle buone parole.

 

 

 


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