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Madamigella Giannina e Giacinto
GIANN. Vergogna! La disperazione è un effetto della ignoranza. Ora principio a credere che siete pazzo davvero.
GIAC. Ma lasciatemi stare. Le vostre parole feriscono più di uno stile.
GIAC. Son qui. Non posso star in piedi.
GIANN. Posso sapere la causa della vostra disperazione?
GIAC. Mio padre m'ha detto cose che m'hanno atterrito. Non credeva che la casa fosse in tale stato. Non credeva che i miei disordini fossero giunti a questo segno. Ho veduto le nostre piaghe, ho veduto un povero vecchio, che m'ha dato l'essere, per cagione mia in precipizio, in rovina, in disperazione; ed io ho da mirare con questi occhi il mio povero genitore fallito, spogliato, in prigione per cagion mia? Non ho cuor di soffrirlo, son disperato. (s'alza furioso)
GIANN. Fermatevi. Aspettate ch'io parta, e fate poi tutto quel che volete.
GIAC. Tutto quel che volete. (siede)
GIAC. Son qui.
GIAC. Le parole si sentono anche in distanza. L'avete detto voi stessa.
GIANN. Volesse il cielo, che s'imprimessero nel vostro cuore tutte le mie parole.
GIANN. Non ho ancor principiato.
GIANN. Ma caro signor Giacinto... (s'accosta a lui)
GIAC. (Ora mi vien caldo). (da sé)
GIANN. Questa vostra disperazione è affatto irragionevole. Se ella dipende dai dispiaceri che conoscete aver dati al vostro povero padre, volete aggiungere alle sue disgrazie la più dolorosa di tutte, col sagrifizio di voi medesimo? Se amate il genitore, cercate di consolarlo; se siete pentito d'averlo oltraggiato, fate che il vostro pentimento medichi le sue piaghe, e non le inasprite coi vostri pazzi trasporti. Un reo che si vuol privare di vita, mostra non essere capace di pentimento, ma piuttosto fa credere, che amando le colpe voglia morire anzi che abbandonarle. Tutti i mali hanno il loro rimedio, fuor che la morte. Le disgrazie di vostro padre non saranno poi irrimediabili: l'ho veduto andar con mio zio nel suo studio, dopo essere stati per qualche tempo seduti insieme. Il signor Pancrazio è uomo d'onore, è un mercante di credito; mio zio è buon amico. Vedrete che le cose di casa vostra prenderanno miglior sistema. Rimediato a questa parte del vostro rammarico, vi resterà il rossore di essere un figlio ingrato; ma finalmente non sarete voi il solo figliuolo discolo, che abbia dissipato, speso, scialacquato e malmenati a capriccio i giorni bellissimi della gioventù. Chi invecchia nei vizi è detestabile, ma chi cade, nell'età vostra fervida troppo e troppo solleticata dalle occasioni, è compatibile. Il momento in cui vi pentite, scancella tutte le colpe andate e due lagrime di tenerezza, che voi versiate a' piedi di vostro padre, compensano tutte quelle che egli ha versate per voi. Fatevi animo dunque, lasciate a noi la cura degl'interessi, pensate solo a voi stesso, e dalla cognizione del male prendete regola per l'avvenire.
GIAC. Madamigella. (si getta a' di lei piedi)
GIANN. Alzatevi, che non ho finito di ragionare.
GIAC. Che mai potete dire di più?
GIANN. Ditemi prima qual impressione abbia fatto nel vostro animo il mio ragionamento.
GIAC. Che volete ch'io dica? Mi sento intenerire, sono convinto, sono stordito.
GIANN. Chiederete perdono a vostro padre?
GIANN. Parlate più di morire? (con dolcezza)
GIANN. Promettetemi di far buon uso de miei consigli.
GIAC. E non mi chiedete altro?
GIANN. Che poss'io domandarvi di più?
GIAC. Non mi domandate il cuore?
GIANN. Non conviene a me ricercarlo.
GIAC. È vero, tocca a me il darvelo: è tutto vostro.
GIANN. Non lo accetto per ora.
GIAC. Perché?
GIANN. Sul punto che io vi fo un benefizio, non esigo la ricompensa. Il dono del vostro cuore potrebbe ora essere una mercede involontaria: pensateci. Vi lascio in libertà di disporre di voi medesimo. (parte)