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PANC. Non mi parlare di mio figlio: è un ingrato.
PANC. Non sarà vero, fingerà: è uno sciagurato.
FACC. Che vuole di più? si voleva ammazzare.
PANC. Si voleva privar di vita?
FACC. Signor sì, l'ho trovato con uno stile alla mano...
FACC. Si fermi; è arrivata madamigella Giannina, ha fatto che getti via il ferro, e non è stato altro. L'assicuro, signore, ch'è pentito di cuore.
PANC. Il ciel lo voglia. Caro Faccenda, dov'è? Perché non viene dal suo povero padre, che lo ama tanto? Io stesso anderò a ritrovarlo...
FACC. Si fermi per un momento; mentre vi sono dell'altre novità.
FACC. Nella strada vi sono sette o otto persone che aspettano. Vi sono quei tre giovini di questa mattina con le lettere di cambio. E v'è il medico de' duemila ducati.
PANC. Anche colui? Gli ho pur detto che venga domani.
FACC. Avrà inteso mormorare in piazza, ed ha anticipato. Vi è dell'altra gente. Certe faccie toste che non conosco; non so che dire, ho paura di qualche disgrazia.
PANC. Qualche ministro per sequestrare?
FACC. Può essere. Tengo chiusa la porta della scaletta, e dico a tutti ch'è a pranzo.
PANC. In casa mia non si sono più udite di queste cose!
FACC. Ma che ha detto monsieur Rainmere?
PANC. Siamo stati nello scrittoio insieme, ha veduto i conti, non gli ho celato nulla. Parve contento, ed è andato via senza dirmi nulla.
FACC. Possibile che l'abbandoni?
PANC. Non so che dire; mi raccomando al cielo e lascio operare a lui.
FACC. Vuole che vada io da monsieur?
PANC. Sì, caro Faccenda. Intanto anderò io da mio figlio. (va per andarsene)
FACC. Si fermi, che viene l'olandese.
FACC. Vado a dar delle parole a quei che aspettano. (parte)