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Lelio, Florindo da una camera, e detti.
FLOR. Pistone. (Tutti s’alzano. Faloppa e Pistone vanno ad accendere le lanterne)
ARL. Servitor umilissimo. (Manco fadiga, e più sanità). (da sé, parte con Brighella)
LEL. Che vi pare di questa cena?
FLOR. Per essere stata improvvisa, non vi è male.
FLOR. La Marchesa spende, ma è mal servita.
LEL. Non vi era salvaggiume.
FLOR. E quella zuppa? Pareva nell’acqua.
LEL. Non mi è dispiaciuto quel pasticcio.
FLOR. Sì, me ne sono accorto; l’avete mangiato mezzo.
FLOR. Noi ci siamo portati bene; mentre gli amanti rabbiosi taroccavano.
LEL. Che pazzo è quel conte Ottavio!
FLOR. E la Marchesa non è più savia di lui.
LEL. Fanno impazzire quella povera contessa Rosaura.
FLOR. Suo danno, non doveva sposare un cavaliere.
LEL. Io giuoco ch’ella se ne sta lavorando, mentre il marito si diverte.
LEL. Sì, andiamo. So che il conte Ottavio ha del prezioso vin di Canarie.
FLOR. Con questi pazzi è il più bel divertimento del mondo.
LEL. E chi vuol godere, bisogna secondarli.
FLOR. Oh! sempre. Ecco i nostri servitori col lume. Andiamo.