Carlo Goldoni
La moglie saggia

ATTO PRIMO

SCENA UNDICESIMA

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SCENA UNDICESIMA

 

Lelio, Florindo e Rosaura

 

LEL. Servo, signora Contessa. (allegro)

FLOR. Riverisco la signora Contessa. (allegro)

ROS. Serva di lor signori. (Sono allegri, non vi saranno disgrazie). (da sé)

LEL. Povera damina! Sempre sola.

FLOR. Ecco la sua conversazione, i libri.

ROS. Certamente, mi diverto moltissimo con i libri.

LEL. Eh, lasciate di conversare coi morti.

FLOR. Coi vivi, signora Contessa, coi vivi.

ROS. Questa, per dir vero, è più ora da leggere, che da far la conversazione.

LEL. Amico, la signora Contessa ci il congedo.

FLOR. Noi non siamo venuti per disturbarvi.

ROS. M’immagino che qualche cosa di straordinario vi avrà qui condotti.

LEL. Per dir vero, siamo qui venuti per un motivo stravagante.

ROS. Lo volevo dire. Vi è qualche novità?

LEL. Eh, novità... Amico, ditelo voi, io non ho coraggio.

FLOR. Compatitemi, parlate voi. Io non voglio essere il primo.

ROS. . (Oimè! Mi mettono in apprensione). (da sé)

LEL. Sappiate, signora mia... Da galantuomo, non lo dico.

FLOR. Nemmen io certamente.

ROS. Via, signori, parlate. È accaduta qualche disgrazia?

LEL. Oh, signora no. Siamo venuti a bere una bottiglia di Canarie, sapendo che ne avete del perfetto.

FLOR. Io non avevo coraggio di dirlo.

LEL. Ecco, per causa vostra son divenuto rosso.

ROS. Mi avete fatto tremare. Ma non andate a cena?

LEL. Eh, abbiamo cenato.

FLOR. Se sapeste dove!

LEL. Se sapeste con chi!

ROS. Via, ora che mi avete posta in curiosità, parlate.

FLOR. Abbiamo cenato con la marchesa Beatrice.

LEL. Se sapeste chi vi era a cena!

ROS. Già me l’immagino: mio marito.

LEL. Basta, non so niente. Non voglio metter male.

FLOR. Povera damina! E voi qui a leggere un libro.

ROS. Questo libro val più della vostra cena.

LEL. Se provaste anche voi a godere un poco di mondo, non direste così.

FLOR. Che caro conte Ottavio! Una sposa di questa sorta, lasciarla qui con un libro in mano.

ROS. Signori miei, i gusti sono diversi. Vi prego lasciarmi nel mio sistema.

LEL. Oh sì. Non distolghiamo la Contessina dal piacer dei suoi libri. È una bellissima cosa veder una dama a leggere.

FLOR. Sì, in verità. Io godo quando ne vedo qualcheduna.

ROS. Sono forse poche le donne che ?

FLOR. Saranno moltissime, ma io non le conosco.

ROS. Perché di quelle non andrete in traccia.

LEL. Bravissima. Ah Florindo, ti ha trattato da ignorante. Gran Contessina! Siete la nostra delizia, siete la nostra gioia, la nostra consolazione.

FLOR. Poh! Andarsi a perdere colla marchesa Beatrice.

LEL. Ah! Che dite? Vi è paragone fra questa e quella?

ROS. Vi supplico, in grazia; in faccia mia non dite mal di nessuno.

LEL. Io non dico male d’alcuno. Ma non potete impedirmi di dir bene di voi.

FLOR. Se siete adorabile, non volete che si dica bene?

ROS. Io non merito le vostre lodi.

LEL. E se mi vien male a pensare quel che passa fra una certa persona e la marchesa Beatrice, non volete compatirmi?

ROS. Ma... Che cosa passa?

LEL. Eh! niente. Galanterie.

FLOR. Parliamo d’altro.

ROS. Voi mi mettete in agitazione.

LEL. Niente, madama, niente. Leggete il vostro libro, e lasciate fare. (con allegria)

ROS. E sempre peggio.

LEL. Contessina, beviamo questa bottiglia?

FLOR. Eh! Non ci vuol favorire... Non siamo degni.

ROS. (Son piena di sospetti). (da sé) Aspettate, signori miei. Corallina. (chiama)

 

 

 


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