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ROS. Serva della signora Marchesa.
BEAT. Riverisco la signora Contessa. (con i denti stretti)
LEL. Signora Contessa. (s’inchina a Rosaura)
FLOR. Signora Contessa. (s’inchina a Rosaura)
BEAT. Ehi, da sedere. Accomodatevi. (siedono, e il Servitore parte) Volete la cioccolata? (a Rosaura)
ROS. Obbligatissima. L’ho bevuta.
BEAT. Che prodigio è questo, che voi venghiate a favorirmi?
ROS. Signora Marchesa, sono venuta ad incomodarvi, perché ho bisogno di voi.
BEAT. Che cosa posso fare per compiacervi? (con simulazione) (Mi aspetto qualche bella scena). (da sé)
ROS. Sentite: con licenza di lor signori. (alli due, poi s’accosta all’orecchio di Beatrice) (Desidero parlarvi da sola a sola).
BEAT. Ma perché? Non potete parlare alla presenza di questi due cavalieri? (a Rosaura)
ROS. (L’affare è delicato, bramo esser sola, altrimenti non parlo). (a Beatrice)
LEL. Amico. (fa cenno a Florindo di partire, e Florindo accenna di sì)
BEAT. (Basta, aspetteremo che se ne vadano). (a Rosaura) (Son curiosa di sentire che cosa sa dirmi). (da sé)
LEL. Signora Contessa, ha riposato bene?
FLOR. Il vino di Canarie della contessa Rosaura e la cioccolata della marchesa Beatrice sono due cose preziose.
BEAT. Ma pare che la bottiglia riesca migliore, quando si vuota mormorando.
ROS. Così si dice della cioccolata.
LEL. Signora Marchesa, vi supplico, permettetemi ch’io me ne vada. Ho un affare di premura. (s’alza)
FLOR. Anch’io devo andar coll’amico.
BEAT. Non so che dire, fate ciò che vi aggrada. (Ho curiosità di sentir Rosaura). (da sé)
FLOR. Mi umilio a lor signore.
LEL. (Andiamo, andiamo, e lasciamole taroccar fra di loro). (a Florindo)
FLOR. (Così non entreremo in alcun impegno). (partono)