Carlo Goldoni
La moglie saggia

ATTO SECONDO

SCENA SETTIMA

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SCENA SETTIMA

 

La marchesa Beatrice e la contessa Rosaura, poi il servitore

 

BEAT. (Se mi perderà il rispetto, se ne pentirà). (da sé)

ROS. (M’aiuti il cielo, mi dia valor la prudenza). (da sé)

BEAT. Ebbene, che volete voi dirmi?

ROS. Cara signora Marchesa, io sono la più afflitta donna di questo mondo. Vengo da voi per consiglio, per aiuto, per protezione.

BEAT. In quel ch’io posso, vi servirò.

ROS. Voi che siete una dama saggia e virtuosa, compatirete il mio stato. A mio padre istesso fatta non ho la confidenza che son per farvi, e nell’aprirvi il mio cuore, comprenderete la stima ch’io di voi faccio, e della vostra virtù.

BEAT. (Costei mi adula). (da sé)

ROS. Sarete ben persuasa, che non si dia in questo mondo un bene maggiore, oltre la domestica pace; cosicché, se dar si potesse vera felicità sulla terra, credo certamente che la pace, la tranquillità, la contentezza dell’animo sarebbe il sommo bene che si sospira. Io questa felicità l’ho perduta. Io sono in una perpetua guerra con mio marito. Guerra per altro, che da lui si promuove al mio povero cuore, il quale altro non cerca che compiacerlo. Il conte Ottavio, che mi amò un tempo colla maggior tenerezza, che faticò per avermi, che mi fu per un anno il più tenero, il più amabile sposo, ora non mi guarda, non parla, fugge l’occasion di vedermi, divide il letto, e mi tratta come s’io fossi la sua più fiera nemica. (piange)

BEAT. Compatisco il vostro stato. Ma per qual motivo venite da me a fare una simile lamentazione?

ROS. Oh Dio! Compatitemi. Vengo da voi, ed eccone la ragione. So che mio marito frequenta la vostra conversazione. So che voi avete la bontà di soffrirlo, e convien dire che siate buona davvero, se tollerar sapete il suo difficile temperamento. Siccome fa egli stima di voi, so che vi ascolterà con rispetto. Vi supplico pertanto, quanto so e quanto posso, vi supplico colle lagrime agli occhi, spremute dal più casto, dal più sincero amor coniugale, parlategli voi per me. Ditegli che un cavaliere onorato non dee maltrattare la moglie onesta; che il sacro vincolo del matrimonio dee escludere ogni altro affetto; che la carità, l’umanità, la coscienza, le leggi del cielo, quelle della natura insegnano amar chi ama, comandano amar chi si deve, minacciano i traditori, gl’ingrati. Ditegli... Oh Dio! Voi saprete dire e immaginare ragioni di queste mie più forti e convincenti. Voi direte cento migliori cose, che a me non possono essere dall’ignoranza mia suggerite. (piange)

BEAT. (Mi confonde; non la capisco). (da sé) Ma... vostro marito, se non ascolta voi, non ascolterà neanche me.

ROS. Talora fanno colpo i consigli de’ buoni amici.

BEAT. Credete voi ch’io sia buon’amica di vostro marito?

ROS. Sì. Di lui, di me, e di tutta la nostra casa.

BEAT. Come credete ch’egli pratichi in casa mia?

ROS. Come praticare si può e si deve con una dama savia, onorata e discreta, quale voi siete.

BEAT. Amica, ho piacer che mi conosciate. Non sono capace di operare diversamente.

ROS. È vana questa vostra giustificazione. So chi siete, e per questa ragione vengo a gettarmi nelle vostre braccia. Niuna meglio di voi intende i doveri della dama savia, della femmina onesta. A voi non è ignoto, che una donna che turbi la pace di una famiglia, è la più indegna femmina della terra. Che chi tenta sedurre i mariti altrui, merita uno sfregio sul viso. Che chi coltiva amori illeciti, amicizie sospette, conversazioni pericolose, è un’indegna, una perfida, una scellerata. Cara marchesa Beatrice, a voi mi raccomando.

BEAT. (Fremo di sdegno, e non mi posso sfogare). (da sé)

SERV. Signora, una parola. (a Beatrice)

BEAT. Con vostra permissione. (a Rosaura, e s’alzano)

ROS. Accomodatevi. (Parmi d’averle detto abbastanza). (da sé)

SERV. (È qui il signor conte Ottavio). (piano a Beatrice)

BEAT. (Digli che se ne vada, che è qui sua moglie).

SERV.signora. (Oh i bei pasticci!) (da sé, parte)

BEAT. Eccomi da voi. (a Rosaura)

ROS. Ebbene, signora Marchesa, siete voi disposta a favorirmi?

BEAT. Gli parlerò.

ROS. Che cosa gli direte?

BEAT. Gli dirò tutte le vostre ragioni.

ROS. Gli direte qual sia l’obbligo di un marito?

BEAT. Sì, glielo dirò.

ROS. Qual sia l’impegno di un cavaliere onorato?

BEAT. Sì ancora.

ROS. Se mai scopriste ch’egli avesse qualche nuovo affetto, qualche nuova premura, soggiungetegli quel che v’ho detto.

BEAT. Sì, non dubitate.

ROS. Ditegli, che se qualche bella lo seducesse, sarebbe una scellerata, un’indegna. Marchesa, compatitemi, e vi son serva.

BEAT. Addio, Contessina, addio! (un poco confusa)

ROS. (Si vede che la coscienza la rimorde. Il rossore le verrebbe sul viso, se un altro rosso non l’impedisse) (da sé, e parte)

 

 

 


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