Carlo Goldoni
La moglie saggia

ATTO SECONDO

SCENA DECIMA

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SCENA DECIMA

 

Ottavio e detti, poi Brighella

 

OTT. (Il vecchio è sempre qui). (da sé)

COR. Il padrone. (a Pantalone, poi fa una riverenza e parte)

PANT. La compatissa, se vegno a importunarla: son vegnù per dir una parola a mia fia. (con voce bassa)

OTT. La vostra cara figliuola non c’è. (ironico)

PANT. La sarà andada poco lontan.

OTT. Eh, so io dov’è.

PANT. Ho piaser che la lo sappia. Tornela presto?

OTT. Così il diavolo non la facesse tornare.

PANT. Ma, caro sior Conte, cossa ghala fatto mia fia? Cossa ghala fatto?

OTT. Io non la posso vedere.

PANT. Mo perché?

OTT. Perché non la posso vedere.

PANT. Questo xe un odiarla senza rason.

OTT. L’ho amata senza ragione; non sarebbe strano che senza ragione l’odiassi.

PANT. Ma ghe vol i motivi, per cambiar in odio l’amor.

OTT. I miei motivi li ho.

PANT. La li diga.

OTT. Li dirò, quando sarò costretto doverli dire.

PANT. Che vol dir mo quando?

OTT. Quando vi rimanderò a casa la vostra figliuola.

PANT. La me la vol mandar a casa?

OTT. Sì, col braccio della Giustizia.

PANT. Zitto, la vegna qua. Senza tanti strepiti, senza ricorrer alla Giustizia, la me daga mia fia, e mi d’amor e d’accordo me la togo, e me la meno a casa.

OTT. Volentieri. In questa maniera saremo amici piucché mai. Come volete che noi facciamo?

PANT. Vorla restituir la dota, o vorla passarghe i alimenti?

OTT. Quanto vorreste ch’io le passassi all’anno?

PANT. All’anno... tre.. e do cinque, e do sette... Sie o settecento ducati all’anno.

OTT. Ebbene, le assegnerò dugento zecchini all’anno; siete contento?

PANT. Contentissimo, e mi penserò a mantegnirla decentemente, in maniera che no la fazza desonor gnanca a so mario.

OTT. Sì, bravo, avrò piacere che mia moglie sia ben trattata, che stia bene, che stia sana, e che comparisca decentemente.

PANT. Ghimporta se la meno a Roma?

OTT. Oh, non m’importa. Conducetela dove volete. Quando è con suo padre, son contento.

PANT. Quando vorla che principiemo?

OTT. Oggi, se volete. Quando ella vien a casa, ve la consegno.

PANT. Vorla che femo do righe de ?

OTT. A che motivo?

PANT. Per l’obbligo dei dusento zecchini.

OTT. Volentieri, subito. Chi è di ?

BRIGH. Signor.

OTT. Porta da scrivere.

BRIGH. Subito. (parte)

OTT. Avvertite: quando siete a Roma, scrivetemi. Voglio aver nuova di mia moglie.

PANT. No vorla? Ghe scriveremo. (Eh, te cognosso!) (da sé) (Brighella porta il tavolino da scrivere, e parte)

OTT. Sedete ancora voi.

PANT. Quel che la comanda. (siedono)

OTT. Come volete ch’io dica?

PANT. La saverà far meggio de mi.

OTT. Diremo così. (scrive) Desiderando il signor Pantalone de’ Bisognosi avere in sua compagnia la signora Rosaura sua figlia, moglie di me Conte Ottavio di Montopoli, ho io condesceso alle di lui premure, accordando che la Contessa mia moglie stia con esso lui sino ch’ei viverà; e per non aggravare il detto signor Pantalone di tutto il suo mantenimento, m’obbligo io sottoscritto pagarle ogni anno zecchini dugento, e ciò sotto obbligazione de’ miei beni presenti e futuri. Vi par che così vada bene?

PANT. Va benissimo. Ma chi ne darà sti dusento zecchini, se son a Roma?

OTT. Aspettate. Cedendole perciò tanti luoghi di Monte, che tengo in Roma di mia ragione. E per la riscossione vi darò la cartella.

PANT. Benissimo.

OTT. Siete contento?

 

 

 


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