Carlo Goldoni
La moglie saggia

ATTO TERZO

SCENA SESTA

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SCENA SESTA

 

Camera in casa del Conte, con tavolino e sedie.

 

Il conte Ottavio, poi Corallina

 

OTT. Ma! finalmente forz’è che l’umanità si risenta. Rosaura sarà un perpetuo rimorso al cuor mio. Ma il bene che onestamente io spero dal cuor di Beatrice, farà scordarmi e l’amore e l’odio che per Rosaura ho provato, e il di lei nome, e il di lei volto, e le sue lagrime, e la stessa mia crudeltà. (siede pensoso)

COR. Signore.

OTT. Che cosa vuoi?

COR. La mia padrona...

OTT. Che fa Rosaura?

COR. Mi manda la padrona... (piangendo)

OTT. Perché piangi? Che hai? (alterato)

COR. No signore, non piango. (s’asciuga gli occhi) Manda la mia padrona a pregarvi, che le permettiate di venirvi a dire una cosa.

OTT. Ditele... che sono occupato.

COR. È una parola sola.

OTT. Sai tu che mi voglia dire?

COR. Signor no, in verità.

OTT. Al tardi sarò da lei.

COR. Signore, non andate in collera. Ha detto che, se non vi parla adesso, non vi parla più.

OTT. (Ah, Rosaura ha bevuto il veleno). (s’alza furioso)

COR. Via, se non volete, non verrà; che serve che v’infuriate?

OTT. (Povera sventurata!) (da sé, agitato)

COR. Le dico che venga?

OTT. (Negherò d’ascoltarla?) (come sopra)

COR. Sì, o no?

OTT. (Ma con qual cuore potrei soffrir di vederla?) (come sopra)

COR. (Oh, io le dirò di sì: buona notte). (da sé, e parte)

OTT. Fuggasi un tale incontro. Corallina... è andata senza dirmi nulla? Presto, presto; me n’andrò fuori di casa. Dov’è la spada? Dov’è il cappello? Brighella. Non v’è nessuno? (agitato)

 

 

 


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