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Florindo, il conte Ottavio e detti.
LEL. Sì.
LEL. Ha bevuto un poco di limonata.
LEL. L’abbiamo ritrovata sul tavolino.
OTT. Oimè! Presto un medico. (a Florindo)
FLOR. Perché?
OTT. La Marchesa è avvelenata.
BEAT. Io avvelenata? (s’alza furiosa)
OTT. Sì, presto, soccorretela.
LEL. Ma come?
OTT. In quell’ampolla vi era il veleno.
BEAT. Ah scellerato, a me il veleno?
FLOR. Presto, un medico. (parte)
OTT. Non era preparato per voi. (a Beatrice)
LEL. Ma per chi dunque? (ad Ottavio)
OTT. Ah! Giacché il cielo non vuole che il mio delitto si celi, sì, lo dirò: era preparato il veleno alla mia povera moglie. Voi, signora, ne foste la cagione, e a voi medesima il cielo lo ha destinato.
BEAT. Misera me, son morta. Voi mi avete condotta al sacrifizio. (a Lelio)
LEL. Che cosa sapevo di quest’imbrogli?
OTT. Ah signora Marchesa! Noi abbiamo fatto piangere un’innocente.
BEAT. Ah sì, il cielo mi punisce a ragione.