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Il conte Ottavio ed il conte Lelio
OTT. Mia cognata se ne vuol prendere più di quel che conviene. Stia ne' termini, se non vuole che si rompa.
LEL. Sono a domandarvi un piacere, per parte di mia madre.
OTT. In che cosa la posso servire?
LEL. Desidera che licenziate Brighella.
OTT. Che cosa le ha egli fatto?
LEL. Le ha perduto il rispetto.
LEL. Lo ha mandato a chiamare, e non ha voluto muoversi per servirla.
LEL. Rapava del tabacco. Faceva veramente una gran cosa!
OTT. Faceva quello che io gli aveva ordinato di fare.
LEL. Già il signore zio ha sempre fatto più conto dei suoi servitori che de' suoi parenti.
OTT. Io ho sempre fatto conto della giustizia.
LEL. Questa giustizia tutti credono di conoscerla, ma pochi la conoscono.
OTT. Voi la conoscete meno degli altri.
LEL. Mia madre ha da essere rispettata.
OTT. Niuno le perde il rispetto.
LEL. I servitori di questa casa mangiano tutti ad una tavola e per questa stessa ragione...
LEL. Non li pagate del vostro.
LEL. No, signore. Vi è la mia parte, vi è la dote di mia madre e quella di mia sorella.
OTT. Voi non sapete che cosa vi dite.
LEL. È vero: non so nulla; ma da qui innanzi i fatti miei li vorrò sapere ancora io.
LEL. Signore zio, non sono un ragazzo.
LEL. La discorreremo. (Lite, divisione, risarcimento. Me l'ha detto il dottor Balanzoni. Così non si può vivere. Egli è un buon procuratore; mi assisterà). (da sé, parte)