Carlo Goldoni
Il padre di famiglia

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

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ATTO PRIMO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Camera in casa di Pancrazio con due tavolini, con sopra libri, carta e calamaio.

 

Lelio ad un tavolino, che studia. Florindo all'altro tavolino, che scrive.

Ottavio, che assiste all'uno ed all'altro.

 

OTT. Testa dura, durissima come un marmo. (a Lelio)

LEL. Avete ragione, signor maestro; sono un poco duro di cervello; ma poi sapete che, quando ho inteso, non fo disonore al maestro.

OTT. Bell'onore che mi fate! Ignorantaccio! Guardate un poco vostro fratello. Egli è molto più giovane di voi, e impara più facilmente.

LEL. Beato lui che ha questa bella felicità. Non ho però veduto gran miracoli del suo bel talento. Si spaccia per bravo e per virtuoso, ma credo ne sappia molto meno di me.

OTT. Arrogante! Impertinente!

LEL. (Il signor maestro vuol andar via colla testa rotta). (da sé)

OTT. Orsù, vado a riveder la lezione a Florindo, che m'immagino sarà esattissima; voi intanto applicate, e risolvete bene il quesito mercantile che v'ho proposto. Fate che il signor Pancrazio sia contento di voi.

LEL. Ma questo è un quesito che richiede tempo e pratica; e senza la vostra assistenza non so se mi riuscirà dilucidarlo.

OTT. Le regole ve l'ho insegnate; affaticatevi, studiate.

LEL. Che indiscretezza! Che manieraccia rozza e incivile! Ho tanta antipatia con questo maestro, che è impossibile ch'io possa apprendere sotto di lui cosa alcuna. Basta, mi proverò. Sto zitto per non inquietar mio padre, e per non far credere ch'io sia quel discolo e disattento che mi vogliono far comparire.

OTT. (S'accosta al tavolino di Florindo e siede vicino a lui) Florindo mio, state bene? Avete voi bisogno di nulla?

FLOR. In grazia, lasciatemi stare.

OTT. Se avete bisogno d'assistenza, son qui tutto amore per voi. La vostra signora madre m'ha raccomandato voi specialmente.

FLOR. So benissimo ch'ella v'ha detto che non mi facciate affaticar troppo, che non mi gridiate e che non mi disgustiate.

OTT. E chi ve l'ha detto, figliuol mio?

FLOR. Il servitor di casa, che l'ha intesa.

OTT. (Poca prudenza delle madri far sentire queste cose alla servitù). (da sé) E bene, che fate voi?

FLOR. Caro signor maestro, vi a dire che per adesso mi lasciate stare.

OTT. Ma si può sapere che cosa state scrivendo?

FLOR. Signor no. Io fo una cosa che voi non l'avete da vedere.

OTT. Di me vi potete fidare.

FLOR. No no, se lo saprete, lo direte a mio padre.

OTT. Non farò mai questa cattiva azione.

FLOR. Se mi potessi fidare, vorrei anco pregarvi della vostra assistenza.

OTT. Sì, caro Florindo mio, sì, fidatevi di me, e non temete.

FLOR. Per dirvela, stava scrivendo una lettera amorosa.

OTT. Una lettera amorosa? Ah gioventù, gioventù! Basta, è a fin di bene o a fin di male?

FLOR. Oh! a fin di bene.

OTT. Via, quand'è così, si può concedere: vediamola. (la prende)

FLOR. Vorrei che dove sta male, la correggeste.

OTT. Sì, figliuolo mio, la correggerò. (legge piano) Oh! il principio non va male.

LEL. Signor maestro, ho incontrato una difficoltà, che senza il vostro aiuto non la so risolvere.

OTT. Ora non vi posso badare. Sto rivedendo la lezione di Florindo.

LEL. Convertire le lire di banco di Venezia in scudi di banco di Genova con l'aggio e sopr'aggio, a ragguaglio delle due piazze, non è cosa ch'io sappia fare.

OTT. Questo sentimento potrebbe essere un poco più tenero. Qui dove dice: siete da me amata, vi potreste aggiungere: con tutto il cuore.

FLOR. Bravo, bravo, date qui.

LEL. Signor maestro, voi non mi badate?

OTT. Bado a vostro fratello. Vedete: appena gli suggerisco una cosa, ei la fa subito. Ha la più bella mente del mondo.

LEL. Ed io sudo come una bestia. Voler che impari, senza insegnarmi? Questa è una scuola di casa del diavolo.

FLOR. E il resto della lettera vi par che vada bene?

OTT. Sì, va benissimo; ma aggiungetevi nella sottoscrizione: fedelissimo sino alla morte.

FLOR. Sì sì, bene, bene: sino alla morte.

 

 

 


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