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OTT. E così, signor Lelio, questo conto come va?
LEL. Ma come volete ch'io faccia il computo di queste monete, se non mi avete dimostrato che aggio facciano gli scudi di Genova?
OTT. Siete un ignorante. Ve l'ho detto cento volte. (Pancrazio esce da una stanza, e si trattiene ad ascoltare)
LEL. Può essere che me l'abbiate detto, ma non me lo ricordo.
OTT. Perché avete una testa di legno.
LEL. Sarà così. Vi prego di tornarmelo a dire.
OTT. Le cose, quando l'ho dette una volta, non le ridico più.
LEL. Ma dunque come ho da fare?
OTT. O fare il conto, o star lì.
LEL. Io il conto non lo so fare.
OTT. E voi non uscirete di qua.
LEL. Ma finalmente non sono un villano da maltrattarmi così.
LEL. Giuro al cielo, se mi perdete il rispetto, vi tirerò questo calamaio nella testa.
OTT. A me questo?
LEL. A voi, se non avete creanza.
OTT. Ah indegno! Ah ribaldo!...
OTT. Avete intese le belle espressioni del vostro signor figliuolo? Il calamaio nella testa mi vuol tirare. Questo è quello che si acquista a voler allevar con zelo e con attenzione la gioventù.
PANC. Zitto là, temerario. Questo è il vostro maestro e gli dovete portar rispetto.
LEL. Ma se...
PANC. Che cosa vorreste dire? Il maestro è una persona che si comprende nel numero de' maggiori, e bisogna rispettarlo e obbedirlo quanto il padre e la madre. Anzi in certe circostanze si deve obbedire più de' genitori medesimi, perché questi qualche volta, o per troppo amore o per qualche passione, si possono ingannare: ma i maestri savi, dotti e prudenti, operano unicamente pel bene e pel profitto de' loro scolari.
LEL. Se tale fosse il signor Ottavio...
PANC. A voi non tocca a giudicarlo. Vostro padre ve l'ha destinato per maestro, e ciecamente lo dovete obbedire. A me tocca a conoscere s'egli è uomo capace di regolare i miei figli; e voi, se avrete ardir di parlare e di non far quello che vi conviene, vi castigherò d'una maniera che ve ne ricorderete per tutto il tempo di vostra vita.
LEL. Ma signor padre, lasciatemi dire la mia ragione, per carità.
PANC. Non vi è ragione che tenga. Egli è il maestro, voi siete lo scolaro. Io son padre, voi siete figlio. Io comando, ed egli comanda. Chi non obbedisce il padre, chi non obbedisce il maestro, è un temerario, un discolo, un disgraziato.
LEL. Dunque...
PANC. Andate via di qua, vi dico.
LEL. Pazienza! (Gran disgrazia per un povero scolaro dover soffrire le stravaganze di un cattivo maestro!) (da sé, parte)