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OTT. Bravo, signor Pancrazio: siete veramente un padre prudente e saggio.
PANC. Mio figlio è andato via; siamo soli, e nessuno ci ascolta. Signor Ottavio, con vostra buona grazia, voi siete un cattivo maestro, e se non muterete sistema, in casa mia non ci starete più.
OTT. Come, signore, di che cosa vi potete lamentar di me?
PANC. Sono stato là indietro, ed ho sentito con qual bella maniera insegnate le vostre lezioni. Colla gioventù è necessario qualche volta il rigore; ma la buona maniera, la pazienza e la carità è più insinuante per far profitto. Se si vede che nello scolare vi sia dell'ostinazione, e che non s'approfitti per non volere applicare, si adopra con discretezza il rigore; ma se il difetto viene dal poco spirito e dalla poca abilità, bisogna aiutarlo con amore, bisogna assisterlo con carità, consolarlo, animarlo, dargli coraggio, e fare che si adoperi per acquistarsi la grazia d'un amoroso maestro, e non pel spavento d'un aguzzino.
OTT. Dite bene: son dalla vostra. Ma quel Lelio mi fa perder la pazienza.
PANC. Se non sapete adoprar la pazienza, non fate la profession del maestro. Noi altri poveri padri fidiamo le nostre creature nelle vostre mani, e dipende dalla vostra educazione la buona o la cattiva riuscita de' nostri figliuoli.
OTT. Io ho sempre fatto l'obbligo mio e lo farò ancora per l'avvenire. Del mio modo di vivere non ve ne potete dolere. Procuro d'insinuar loro delle buone massime, e se mi badassero, diventerebbero due figliuoli morigerati ed esemplarissimi.
PANC. Se non fanno il loro debito, se non vi obbediscono, ditelo a me. Non siate con loro tanto severo. Fate vi riguardino con rispetto, e non con timore. Quando lo scolare è spaventato dal maestro, lo considera come un nemico. Qualche volta è necessario dargli qualche premio, accordargli qualche onesto divertimento. In questa maniera i figliuoli s'innamorano della virtù, studiano con più piacere e imparano più facilmente.
OTT. Lelio è ostinato, altiero e intrattabile: all'incontro Florindo è docile, rispettoso e obbediente.
PANC. Io son padre amoroso di tutti e due: sono ambidue del mio sangue e la premura che ho per uno, l'ho ancora per l'altro. Odio e aborrisco la bestialità di quei padri che, innamorati d'un figliuolo, poco si curano dell'altro. Florindo è più docile, Lelio è più altiero: ma col più docile sto più sostenuto, e col più altiero qualche volta adopro maggior dolcezza... Dico qualche volta, perché la docilità continuata può diventar confidenza, l'alterigia irritata può diventar odio e disprezzo: così contrappesando co' loro temperamenti il mio contegno, spero ridurli pieni di rispetto per me, come io sono pieno d'amore per loro.
OTT. Viva mill'anni il signor Pancrazio.
PANC. Viva duemila il mio caro signor maestro.
OTT. Ella potrebb'essere precettore d'un mezzo mondo.
PANC. E a me basta che ella sia buono per i miei due figliuoli.
OTT. Impiegherò tutta la mia attenzione.
PANC. Ella farà il suo debito.
OTT. Vossignoria non avrà da dolersi di me.
PANC. Né vossignoria di me.
OTT. M'affaticherò, suderò.
PANC. E io premierò le sue fatiche, ricompenserò i suoi sudori.
OTT. Bravo, bravissimo! sono sempre bene spesi que' danari che contribuiscono al profitto de' figli. La mia attenzione si raddoppierà sempre, ed io son sicuro della generosità del signor Pancrazio. (parte)