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PANC. Signor maestro, dove avete condotto i miei figliuoli questa mattina?
OTT. Di Lelio non vi posso render conto.
PANC. Perché? Cosa è stato? Non è per anco venuto a casa? Poveretto me! Gli è successo qualche disgrazia?
OTT. Non vi affannate tanto per un figlio così cattivo.
PANC. È mio figlio, è mio sangue, e gli voglio bene, e quando ancora non gliene volessi, me ne premerebbe per la mia riputazione: il buon concetto de' figli è quello che onora i padri.
OTT. Appena siamo usciti di casa, ha veduta una compagnia di persone che io non conosco, ma che giudico vagabondi; ci ha piantati ed è andato con essi, e mai più non l'abbiam veduto.
OTT. Ma, signore, sono un poco avanzato, non posso correre.
PANC. Venga, venga, quel disgraziato! Ma, ditemi, caro signor maestro, e Florindo dove l'avete condotto?
OTT. L'ho condotto a sentire una conclusione morale.
PANC. Non siete stati in casa del signor Geronio?
OTT. Non so nemmeno dove stia.
PANC. E pure m'è stato detto che Florindo questa mattina sia stato in quella casa.
OTT. Uh! male lingue. Non si è mai partito dal mio fianco.
PANC. Guardate bene a non dir bugie.
OTT. Io dir bugie? Cielo, cielo, cosa mi tocca a sentire?
PANC. M'è stato detto, ma può essere che non sia vero.