Carlo Goldoni
L'impresario di Smirne

ATTO SECONDO

SCENA TERZA   Carluccio e detti.

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SCENA TERZA

 

Carluccio e detti.

 

CARL. Schiavo di lor signori. Riverisco la bravissima signora Zuecchina, la bellissima signora Mistocchina.

ANN. Annina è il mio nome.

TOGN. Ed io mi chiamo Tognina.

CARL. Eh, tutti noi abbiamo per solito un soprannome. Anch'io so che mi chiamano Cruscarello, quasi ch'io fossi la crusca di Farinello; ma farò vedere al mondo, ch'io sono fior di farina della più scelta e della più pura. Ma parliamo d'un'altra cosa. Donne mie, amico Pasqualino, avete recite? Siete impiegati, avete trattati, scritture, chiamate? O siete qui in ozio, senza utile e senza speranze?

TOGN. Oh io, per grazia del cielo, non istò lungo tempo disimpegnata.

ANN. S'io voglio delle recite, non me ne mancano.

PASQUAL. Sono assai conosciuto, e son sicuro di non restar così lungamente.

CARL. Chiacchiere, discorsi vani, speranze in aria. E voi, signor Maccario, avete da lavorare? Come impiegate il vostro tempo, il vostro stupendo, meraviglioso talento? (con ironia)

MACC. La non burli, perché il mio talento è conosciuto, e non mi manca il modo di metterlo in pratica.

CARL. In verità, figliuoli miei, mi fate tutti compassione. Scommetto che non avete niente alla mano per impiegarvi.

TOGN. Ho un trattato che, se riesce, vuol far sospirar qualcheduno.

CARL. Se riesce! Mi fate ridere. Se riesce!

ANN. La signora Tognina dice se riesce, ma io dico che riescirà.

CARL. Siete sicura? Avete sottoscritto? Buon posto? Buona paga? Buone condizioni?

ANN. Le condizioni sono buonissime, e presto si sottoscriverà.

CARL. Si sottoscriverà! ah, ah, ah. (ridendo) Si sottoscriverà!

PASQUAL. Sì signore. Le cose sono sì bene incamminate, che si può contare la cosa come fatta.

CARL. Oh, quante volte le cose quasi fatte si riducono al nulla. Poveri diavoli! Voi non avete niente di certo, e le vostre speranze o sono mal fondate, o saranno di poco valore. Venite qui, son buon amico. Io, io vi voglio impiegare, vi voglio far del bene; ma che bene! una fortuna, fortuna certa, stabile, estraordinaria. Che dite? Co' vostri impegni, colle vostre speranze, siete in caso di accettare le proposizioni di un buon amico, di un galantuomo, di un professore della mia sorte?

TOGN. Sentiamo; se la cosa ci conviene...

CARL. Se vi conviene? Che? Non mi conoscete? Credete voi ch'io venga a proporvi una recita di cento, duecento o trecento doppie? Zecchini a migliaia, e son chi sono, e quando intendo di far del bene, lo faccio come va fatto. Poveri disperati, se non fossi io, voi andreste a sagrificarvi...

PASQUAL. Eh, la recita che noi abbiamo in veduta...

CARL. Corbellerie.

ANN. Se ci riesce, come lo spero, e come son certa...

CARL. Corbellerie, vi dico, corbellerie.

MACC. Ma sentiamo le proposizioni del signor Carluccio.

CARL. Sì, povero il mio Maccario, anche per voi ci sarà del pane.

TOGN. Ma via, diteci.

PASQUAL. Caro amico, parlate.

ANN. Sentiamo. Levateci di pena.

CARL. Sappiate, amici, che un Turco... (tutti fanno una grande risata) Come! ridete? Sì signori. Un Turco...

TOGN. Delle Smirne...

ANN. Ricco mercante...

PASQUAL. Vuol far compagnia...

MACC. E libro nuovo. (tutti ridendo)

CARL. Ah! lo sapete anche voi? (con ammirazione)

PASQUAL. E questo è il gran progetto, il gran benefizio che vuol fare il signor Carluccio a questi poveri disperati.

CARL. Ma come, diancine, avete fatto a penetrare di questo Turco?

ANN. Il conte Lasca...

TOGN. Il conte Lasca...

 

 

 


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