Carlo Goldoni
L'impresario di Smirne

ATTO SECONDO

SCENA QUINTA   Nibio e detti.

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SCENA QUINTA

 

Nibio e detti.

 

NIB. Padroni miei riveriti.

TOGN. Venite innanzi, signor Nibio.

ANN. Riverisco il signor Nibio.

NIB. Son servo a tutti questi signori.

CARL. Come sta di salute il signor sensale de' musici abbandonati?

NIB. Benissimo. Pronto per tutti, ed anche per il signor Carluccio, se ha bisogno di me.

CARL. Oh sì, voi siete quel grand'uomo che ha avuto l'onore di mettere sulla scena per la prima volta la mia persona, e credo di aver fatta io la vostra riputazione.

NIB. Avrei fatta io la sua, s'ella si fosse condotta con un poco più di prudenza.

CARL. Caro Nibio, tu sei pazzo, e ti voglio bene, e se io vado alle Smirne, ti vuò condurre con me.

NIB. Alle Smirne? (con meraviglia)

LAS. Caro signor Nibio, voi vedete come il segreto è ben custodito.

NIB. Chi è stato la bestia che ha parlato?

TOGN. Il signor Conte.

LAS. Che impertinenza!... (a Tognina, con caldo)

TOGN. Scusi, non ho detto per lei.

NIB. Via, quel che è fatto, è fatto. Cerchiamo di rimediarvi. Or che la cosa è sparsa, dobbiamo sollecitar d'avvantaggio. Farò per tutti quel che potrò. Ma io non ho l'autorità di formar le scritture. Il Turco mi ha dato la facoltà di trattare, e si è riserbato l'autorità di concludere.

TOGN. L'impresario deve venir da me.

ANN. E anche da me

CARL. Può esser che prima venga da me.

PASQUAL. O da me.

NIB. Signori miei, per non far torto a nessuno, mi ha detto il Turco liberamente, che non vuole andare a casa di chicchessia. Chi vuol andar da lui, è padrone; chi non vuole, resti, a chi va, non posso far altro che insegnargli la strada.

TOGN. Ma che cosa mi ha ella detto, signor Conte?

LAS. Io credeva di poterlo far qui venire; ma vedo che il Turco ha ragione, e vi consiglio di andar da lui.

TOGN. Quest'è una cosa terribile. Una donna della mia sorte andare in casa di un impresario? Non l'ho mai fatto, e non lo farò.

LAS. E voi, signora Annina?

ANN. Per me... Non so... Ma se ci anderò, ci anderò colla mamma e con mio fratello.

TOGN. (Costei vorrebbe soverchiarmi). Basta, signor Conte, trattandosi di un Turco che non sa le usanze, può essere che io ci vada, s'ella volesse favorire di venir con me.

LAS. Scusatemi; vi servirei volentieri, ma ho un affar di premura...: andate, vi raggiungerò. Può essere che ci troviamo insieme dal Turco. (Non voglio farmi vedere per la città al fianco di una virtuosa di musica). (parte)

TOGN. (Ci scommetterei ch'ei lo fa per non pagare la gondola). Pasqualino, mi farete voi il piacere di accompagnarmi?

PASQUAL. Vi accompagnerò volentieri.

ANN. (Non vorrei ch'ella ci andasse prima di me). Signor Nibio, vuol ella favorire di accompagnarmi?

NIB. Quando vuol ella andarvi?

ANN. Subito, se volete.

NIB. Andiamo. Sono con lei.

TOGN. Come, signora Annina? Vuol ella andare a farsi sentire dal Turco senza la mamma e senza il fratello?

ANN. (Cospetto! ella sempre mi stuzzica. In casa sua non le voglio rispondere, ma se canteremo insieme, le farò mangiar l'aglio). (parte con Nibio)

CARL. Io rido di quei che si affollano, come se loro mancasse da vivere. Io sto sul mio decoro, non vo a cercare nessuno, e chi mi vuole, ha da venire da me. (Ho buona gamba, e spero di arrivare prima degli altri). (parte)

TOGN. Si sentono cose che fanno inorridire! Che dite di quella prosontuosa di Annina? Mi tratta come s'io fossi una virtuosa da dozzina. Non sa ella che ho cantato a Rimini, a Sinigaglia, a Chiozza ed alla fiera di Rovigo? Povera sciocca! Non è degna di far meco l'ultima parte. La prima sera la vuò far morir disperata. Se mi sentono alle Smirne, farò la mia fortuna e quella dell'impresario. Fatemi una bella parte, signor Maccario, e non dubitate. Son donna riconoscente, e vi esibisco l'alloggio, la tavola e qualche incerto a misura delle mie avventure. (parte con Pasqualino)

MACC. Tutto è buono. Ad un povero autore, come son io, non faranno male allo stomaco anche gl'incerti delle virtuose. (parte)


 

 

 


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