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ROS. Povero vecchio! Si crede ch’io non sappia tutto. Nello scrigno vi è del danaro in gran copia, e questo ha da essere tutto mio. Ma quando sarò padrona, quando sarò ricca, sarò io contenta? Oimè! che la mia contentezza non dipende dall’abbondanza dell’oro, ma dalla pace del cuore! Questa pace l’avrò io con Lelio? No certamente; un tempo mi compiacqui d’amarlo, ora mi trovo quasi astretta a doverlo odiare. Ma perché? Perché mai tal cambiamento nel mio cuore? Ah Florindo! ah graziosissimo veneziano! tu hai prodotta in me quest’ammirabile mutazione. Da che ti ho veduto, mi sentii ardere al tuo bel fuoco. In un mese ch’io ti tratto, ogni dì più mi accendesti. A te ho donato il cuor mio, e ogni altro oggetto mi sembra odioso, e odioso più di tutti mi è quello che tenta violentare l’affetto mio. Quel Lelio che era una volta la mia speranza, ora è divenuto il mio tormento, la mia crudele disperazione.