Carlo Goldoni
Il vero amico

ATTO SECONDO

SCENA DECIMA

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SCENA DECIMA

 

Florindo solo.

 

FLOR. Bella felicità, bellissima contentezza! Oh me infelice, in che impegno mi trovo! Che colpo è questo! Che caso novissimo non previsto e non mai immaginato! Che ho io da fare? Sposare la signora Beatrice? No certo. Rifiutarla? Ma come? Lelio dirà che son volubile, che son pazzo. Andar via; fo male. Restar? Fo peggio. E la signora Rosaura che cosa dirà di me? Alla sua lettera non ho risposto. Se viene a saper ch’io abbia a sposar la signora Beatrice, che concetto formerà ella de’ fatti miei? Spero che Lelio non glielo dirà; ma se glielo dice? Bisognerebbe disingannarla. Ma come ho io da fare? In questo caso orribile nel quale mi trovo, non so a chi ricorrere, né so a chi domandare consiglio. Un unico amico che mi potrebbe consigliare, è quei che manco degli altri ha da sapere i contrasti delle mie passioni: dunque mi consiglierò da me stesso. Animo, spirito e risoluzione. Due cose son necessarie: una parlar con Rosaura; l’altra andar via di Bologna. La prima per un atto di gratitudine, la seconda per salvar l’amicizia. Facciamole, facciamole tutte e due, e con questi due carnefici al cuore, amore da una parte, amicizia dall’altra, potrò dire che le due più belle virtù sono diventate per me i due più crudeli tormenti. (parte)

 

 

 


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