Carlo Goldoni
Il vero amico

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

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ATTO TERZO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

Camera di Ottavio con letto.

 

Ottavio solo, guarda se vi è nessuno, e serra la porta.

 

OTT. Qui nessuno mi verrà a rompere il capo. In questa camera, dove io dormo, nessuno ardisce venire. Non voglio che la servitù veda i fatti miei; non voglio che col pretesto di rifarmi il letto, di spazzarmi la camera, vedano quello scrigno che sta sotto. Pur troppo hanno preso di mira lo scrigno grande, in cui tengo le monete d’argento, e mi dispiace che è incassato nel muro, e non lo posso trasportar qui. Ma finalmente in quello non vi è il maggior capitale. (tira lo scrigno di sotto il letto) Qui sta il mio cuore, qui è il mio idolo, qui dentro si cela il mio caro, il mio amatissimo oro. Caro adorato mio scrigno, lasciati rivedere; lascia che mi consoli, che mi ristori, che mi nutrisca col vagheggiarti. Tu sei il mio pane, tu sei il mio vino, tu sei le mie preziose vivande, i miei passatempi, la mia diletta conversazione: vadano pure gli sfaccendati a’ teatri, alle veglie, ai festini; io ballo, quando ti vedo; io godo, quando s’offre ai miei lumi l’ameno spettacolo di quel bell’oro. Oro, vita dell’uomo, oro, consolazione dei miseri, sostegno dei grandi e vera calamita de’ cuori. Ah! che nell’aprirti mi trema il cuore. Temo sempre che qualche mano rapace mi ti abbia scemato. Oimè! son tre giorni ch’io non t’accresco. Povero scrigno! Non pensar già ch’io t’abbia levato l’amore; a te penso s’io mangio, te sogno s’io dormo. Tutte le mie cure a te sono dirette. Per accrescerti, o caro scrigno, arrischio il mio denaro al venti per cento, e spero in meno di dieci anni darti un compagno non meno forte, non meno pieno di te. Ah! potess’io viver millanni, potess’io ogni anno accrescere un nuovo scrigno, e in mezzo a mille scrigni, e in mezzo a mille scrigni morire... Morire? Ho da morire? Povero scrigno! Ti ho da lasciare? Ah che sudore! Presto, presto, lasciami riveder quell’oro, consolami, non posso più. (apre lo scrigno) Oh belle monete di Portogallo! Ah come ben ! Io mi ricordo avervi guadagnate per tanto grano nascosto in tempo di carestia. Tanti sgraziati allor piangevano perché non avevano pane, ed io rideva, che guadagnava le doble portoghesi. Oh belli zecchini! Oh! cari li miei zecchini; tutti traboccanti, e sembrano fatti ora. Questi li ho avuti da quel figlio di famiglia, il quale per cento scudi di capitale, dopo la morte di suo padre, ha venduto per pagarmi una possessione. Oh bella cosa! Cento scudi di capitale in tre anni mi hanno fruttato mille scudi.

 

 

 


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