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LEL. Che cosa avete, signor Ottavio?
OTT. Oimè, non posso più.
OTT. Che cosa volete qui?
OTT. Andate via; qui non ricevo nessuno.
LEL. Vi dico due parole, e me ne vado.
OTT. Presto... Non posso più.
LEL. Ma che avete?
LEL. Di che?
LEL. Andate a prender qualche ristoro.
OTT. Non ho danari da pagare il cerusico.
LEL. Andate, ch’io vi aspetto qui.
OTT. Signor no; venite ancor voi.
LEL. Vi ho da parlare in segreto.
OTT. Sto meglio un poco; parlate.
LEL. Manco male. Io, come sapete, sono in parola di sposar vostra figlia.
OTT. Oimè! Acqua: non posso più.
LEL. Ma a concludere queste nozze ci vedo molte difficoltà. Andate a bevere, poi parleremo.
OTT. Mi passa, mi passa, parlate.
LEL. Voi le dovreste dare la dote.
OTT. Acqua, acqua, che mi sento morire.
LEL. Una parola, ed ho finito. Ho sentito dire dalla signora Rosaura, che denaro voi non ne avete.
LEL. Dunque andate a bevere, poi parleremo.
OTT. Mi passa. Terminiamo il discorso.
LEL. Volete maritar la figlia senza la dote?
OTT. Bene, io non la mariterò.
LEL. E l’impegno che avete meco?
OTT. Se poi la volete per impegno, prendetela, ma senza dote.
LEL. Sposarla senza dote? (alterato)
OTT. Se non volete, lasciate stare.
LEL. Non mi sarei creduto una cosa simile. (passeggia verso il letto)
OTT. Dove andate? La porta è qui.
LEL. Dovrò abbandonar la signora Rosaura? (come sopra)
OTT. Ma io non posso più.
LEL. Giuro al cielo! O sposarla senza dote, o lasciarla?
OTT. Una delle due.
LEL. O rovinar la mia casa, o privarmi d’una giovine che tanto amo?
OTT. Avete finito di passeggiare?
LEL. Lasciatemi sedere un poco. (siede sul letto)
OTT. (Oh povero me! Lo scrigno). (da sé)
LEL. Qualche cosa risolverò. (parte)
OTT. È andato via? Addio, scrigno, addio, caro. Vado e torno. Ti lascio il cuore. (parte)