Carlo Goldoni
Il vero amico

ATTO TERZO

SCENA TREDICESIMA

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SCENA TREDICESIMA

 

Lelio e detto.

 

LEL. Amico, quando avrete risoluto d’andare a Venezia noi andremo insieme.

FLOR. Come? Anche voi volete andare a Venezia?

LEL. Sì, vi farò compagnia.

FLOR. (Non vi mancherebbe altro per me, ch’ei conducesse a Venezia la signora Rosaura). (da sé)

LEL. Vi dirò il perché. Ho parlato col vecchio avaro, padre di Rosaura, egli insiste di non aver denaro, di non poter dar la dote alla figlia. Io, benché ami Rosaura, non posso rovinar la mia casa; onde mi conviene distaccarmi da lei; risolvo fare un viaggio e venir con voi.

FLOR. Volete abbandonare la signora Rosaura?

LEL. Consigliatemi voi, che cosa ho da fare? Ho da sposarla e precipitarmi?

FLOR. Io non vi posso dare questo consiglio; ma non so con che cuore potrete abbandonare quella fanciulla.

LEL. Assicuratevi che penerò moltissimo nel lasciarla. Ma un uomo d’onore ha da pensare a’ casi suoi. Una moglie costa dimolto.

FLOR. Avete ragione, non so che dirvi. Ma che farà quella povera sfortunata?

LEL. Questo è il pensiere che mi tormenta. Che cosa farà la signora Rosaura? Alle mani di quel vecchio avaro passerà miserabilmente la gioventù.

FLOR. Poverina! mi fa pietà!

LEL. Chi sa che, per non darle la dote, non la mariti con qualche uomo ordinario!

FLOR. Una bellezza di quella sorta?

LEL. In fatti è bella, è graziosa, ha tutte le ottime qualità.

FLOR. E voi avete cuore di abbandonarla?

LEL. Bisogna fare uno sforzo, convien lasciarla.

FLOR. Dunque avete risolto?

LEL. Ho fissata la massima, e non mi rimuovo.

FLOR. Lascerete la signora Rosaura?

LEL. Senz’altro.

FLOR. E anderà in mano sa il cielo di chi?

LEL. Contribuirei col sangue alla sua fortuna.

FLOR. Avreste cuore di vederla maritare con altri?

LEL. Quando non la potessi aver io, penerei meno, se la vedessi ben collocata.

FLOR. Non avreste gelosia?

LEL. Non avrei occasione d’averla.

FLOR. Non ne provereste dolore?

LEL. L’amore cederebbe il luogo alla compassione.

FLOR. E se un vostro amico la sposasse, ne avreste piacere?

LEL. Un amico? Non vi capisco.

FLOR. Signor Lelio, se per esempio... Figuriamoci un caso. Se, per esempio.. la sposassi io?

LEL. Voi non la potete sposare.

FLOR. No? Perché?

LEL. Perché avete promesso di sposare mia zia.

FLOR. Se, per esempio... per esempio... io non avessi promesso niente alla vostra zia?

LEL. Avete promesso a lei, ed avete promesso a me.

FLOR. È vero; pare che abbia promesso; ma se fosse stato un equivoco?

LEL. Come un equivoco? La vostra lettera vi manifesta.

FLOR. Quella lettera se, per esempio, non l’avessi scritta alla signora Beatrice?

LEL. Per esempio, a chi la potevate avere scritta?

FLOR. Si potrebbe dare che l’avessi scritta... alla signora Rosaura.

LEL. Come? Voi amante di Rosaura? Voi rivale del vostro amico? Voi commettere un’azione simile contro tutte le leggi dell’amicizia? Ora intendo perché Rosaura non mi potea più vedere.

FLOR. Ditemi, amico, avete più quella lettera?

LEL. Eccola.

FLOR. Datele una ripassata, rileggetela un poco.

LEL. Confessate voi averla scritta alla signora Rosaura?

FLOR. Signor sì, a lei l’ho scritta. Sentite in quella lettera come scrivo. Che vado via, che le voglio bene, e che so che ella vuol bene a me; ma che sono un uomo d’onore, che sono un vero amico, e per non tradir le leggi dell’ospitalità, mi risolvo partire; e se avessi potuto finir la lettera, avrei soggiunto che non conviene coltivare un amore di questa sorte, che pensi al suo sposo, e che non faccia più conto che io sia in questo mondo. Signor Lelio, vi potete chiamare offeso? Ho mancato al mio dovere, alle buone leggi della vera amicizia? Mi sono innamorato, è vero; ma di questo mio amore ne siete voi la cagione. Voi m’avete introdotto, voi m’avete dato la libertà. Se fossi stato un uomo d’altro carattere, mi sarei approfittato dell’occasione, e avrei cercato di soddisfare il mio amore, e a quest’ora l’avrei sposata, ma son galantuomo, sono un uomo onorato, tratto da quel che sono. Adesso che vi sento risoluto di volerla abbandonare, che il prenderla voi per moglie può essere il vostro precipizio, che abbandonandola voi, può andare in mano di gente vile, di gente indegna; mosso dall’amore, dal zelo e dalla compassione, non ho potuto dissimulare la mia passione. Se ho operato male, correggetemi, se penso bene, compatitemi, se vi piaccio, abbracciatemi, se vi dispiaccio, mi pento, mi ritiro e vi domando perdono.

LEL. Caro amico, voi siete l’esemplare della vera amicizia. Compatisco il vostro amore, ammiro la vostra virtù; se voi amate Rosaura, se la di lei situazione non vi dispiace, sposatela, ch’io son contento.

FLOR. Ma penerete voi a lasciarla?

LEL. Mia non può essere. O di voi, o d’un altro sarò forzato vederla.

FLOR. Quand’è così...

LEL. Sì, sposatela voi.

FLOR. E vostra zia, che cosa dirà?

LEL. Dirà che troppo si è lasciata da un equivoco lusingare.

FLOR. Signor Lelio, badate bene che non ve ne abbiate a pentire.

LEL. Non sono più in questo caso.

 

 

 


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