Carlo Goldoni
La putta onorata

ATTO PRIMO

SCENA DODICESIMA

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SCENA DODICESIMA

 

Il marchese Ottavio e dette

 

OTT. Buon giorno, giovinotte.

CAT. Strissima, sior marchese.

OTT. Siete voi la Catte?

CAT. Siora Cate, per servirla.

OTT. E quella è la Bettina vostra sorella?

CAT. Lustrissimo sì.

BETT. (Suo come un vovo fresco). (da sé)

OTT. Che vuol dire che non mi saluta nemmeno? (a Catte)

CAT. Povereta! La xe zoveneta, la se vergogna.

BETT. (Sia malignazo sta casa. Se ghe fusse un’altra porta, anderave via). (da sé)

OTT. Bella ragazza, vi riverisco. (a Bettina)

BETT. Strissima. (con rustichezza)

OTT. Ma perché così poco cortese?

BETT. Trato come so.

OTT. Se siete bella, siate anche buona.

BETT. O bela o bruta, no son per ela.

OTT. (Eppure questa sua sprezzatura mi alletta). (da sé)

BETT. (Sielo maledeto in te la peruca38). (da sé)

OTT. Signora Catte.

CAT. Lustrissimo.

OTT. Beverei volentieri un cafè.

CAT. Caffè nu no ghe ne avemo. Qualche feta de polentina.

OTT. Ma la bottega non è molto lontana. Potreste fare il favore d’andarlo a prendere. Tenete. (le del denaro)

CAT. Volentiera, lustrissimo.

BETT. (No no, no stè andar in nissun liogo). (piano a Catte)

OTT. Fate portare de’ bozzolai.

CATT. La vol dir dei buzzolai. Lustrissimo sì. Cari sti foresti! I gh’ha delle parole che fa inamorar. (parte)

 

 

 





p. -
38 Maledizione che si usa da certi della plebe ai signorotti.



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