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Il marchese Ottavio, poi la marchesa Beatrice e Tita barcaiuolo.
OTT. Quando sarà nelle mie mani, si acquieterà.
BEAT. Tant’è, io non posso sofrire il moto dell’acqua. Mi sento venir male, e mi conviene andar più tosto a piedi.
TIT. Adesso, lustrissima, la lassa che liga la barca de là del rio, per no intrigar la riva. Desmonto a la fondamenta, passo el ponte, e son subito da ela.
BEAT. Fate presto, non voglio restar sola. (Tita parte)
OTT. (Ecco quella cara gioja della mia signora consorte). (da sé)
BEAT. (Ecco quel capo d’opera di mio marito). (da sé)
OTT. Bella figura, signora marchesa, per Venezia a piedi!
BEAT. Lo sapete, l’acqua mi fa male. Non poteva più: se non scendeva, assolutamente crepava.
OTT. (Oh almeno fosse stata in alto mare, non averebbe potuto scendere!) (da sé)
TIT. Son qua, lustrissima, son a servirla. (torna)
BEAT. Signor consorte, mi favorirà d’accompagnarmi?
BEAT. Ella è molto disobbligante.
BEAT. Dunque dovrò andare a casa sola, a piedi, col barcaiuolo?
OTT. Dov’è il signor conte? Dove sono i di lei serventi?
BEAT. Sì, so perché ricusate di venir meco. Perché avete delle male pratiche.
OTT. Io? Pensate! Ho molto che fare ad attendere alla economia della casa.
BEAT. Sì, sì, alla economia. So tutto, signor marchese.
OTT. Di me?
BEAT. Di voi.
OTT. Male lingue, signora, male lingue.
BEAT. Se io posso vedere quella cara vostra Bettina, le voglio dare un buon ricordo.
OTT. Orsù, signora, badate voi ai fatti vostri, che io bado ai miei. Ecco qui, queste signore mogli vogliono fare a modo loro, vogliono frequentare le conversazioni, cicisbeare, divertirsi, e poi pretendono esser gelose dei loro mariti.
BEAT. Basta, so quel ch’io farò.
OTT. Signora marchesa, vien sera, vada a casa, che l’aria non l’offenda.
BEAT. Mi favorisca di venire con me.
BEAT. Stassera si va alla commedia.
BEAT. Siete aspettato anche voi.
BEAT. Non verrete?
BEAT. Signor marchese, ho perduto dieci zecchini.
BEAT. E li ho perduti sulla parola.
BEAT. Bisogna che voi me li diate.
OTT. Servitor umilissimo. (parte)
BEAT. Bella maniera di trattar colla moglie! Quando i mariti si reggono così male, che cosa hanno a fare le donne? Una dama della mia sorta non ha da poter perdere dieci zecchini? Sì, ne perderò cento, dugento; e se a mio marito premerà l’onor della casa dovrà pagarli. Spende il marchese, voglio spendere anch’io; getta egli denaro, voglio gettarlo anch’io. Se va in rovina la casa, voglio poter dire d’aver avuta la mia giusta porzione. (parte col barcaiuolo)