Carlo Goldoni
La putta onorata

ATTO TERZO

SCENA QUINTA

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SCENA QUINTA

 

Il marchese Ottavio dall’altra parte, e dette.

 

OTT. Bettina, ehi Bettina. (cercandola al buio)

BEAT. Rispondetegli. (a Bettina, sotto voce)

OTT. Bettina, dico. (come sopra)

BETT. Lustrissimo.

OTT. Perché avete spento il lume?

BEAT. (Parla nell’orecchio a Bettina, insegnandole cosa deve rispondere)

BETT. L’ho stuada, perché me vergogno. (ad Ottavio)

OTT. Dove siete? Ehi, Dove siete?

BEAT. (Come sopra)

BETT. Son qua.

OTT. Datemi la vostra manina.

BEAT. (Come sopra. Bettina non vorrebbe, ed ella la spinge)

OTT. Oh cara questa bella manina! (crede Bettina, ed è la Marchesa) Mi volete voi bene?

BEAT. (Come sopra)

BETT. Sior sì.

OTT. Sarete mia?

BEAT. (Come sopra)

BETT. Sior sì.

OTT. Avete avuto dispiacere, che io v’abbia condotto via?

BEAT. (Come sopra)

BETT. Sior no.

OTT. Dunque avete gusto?

BEAT. (Come sopra)

BETT. Sior sì.

OTT. Voi mi consolate, la mia cara Bettina.

BEAT. (Tira in disparte Bettina, e le parla come sopra)

BETT. Caro elo, son stufa de star al scuro. Vorave che l’andasse a tor una luse. (ad Ottavio)

OTT. Chiamerò qualcheduno.

BETT. No no, che no vogio esser vista.

BEAT. (Come sopra)

BETT. Che el vaga elo a torla.

OTT. Volentieri; vado subito. (Guardate come si è facilmente piegata. Eh, così è: colle donne bisogna usar violenza). (da sé, in disparte)

BETT. El xe andà via. (a Beatrice)

BEAT. Venite, venite meco. Passate in quest’altra camera, ed aspettatemi.

BETT. Ma no voria che nascesse...

BEAT. Non dubitate, lasciate la cura a me.

BETT. Se no moro sta volta, no moro mai più. (entra nell’altra camera)

 

 

 


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