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La marchesa Beatrice, poi il marchese Ottavio col lume.
BEAT. Oh, che caro signor consorte! Se l’aveva rinserrata in casa l’amica; ma eccolo che viene col lume.
OTT. Oh, eccomi qui... (crede trovar Bettina, e vede Beatrice)
BEAT. Che mi comanda, signor consorte?
OTT. Niente. (guardando qua e là per la camera)
BEAT. Che cerca vossignoria?
OTT. Niente. (come sopra)
BEAT. (Mi pare alquanto confuso). (da sé)
OTT. (Come diavolo è qui venuta costei!) (da sé, osservando come sopra)
BEAT. Ha perduto qualche cosa?
OTT. (Io ho pur parlato con Bettina). (da sé) Sì, signora, ho perduto.
BEAT. E che mai?
BEAT. La gioja che avete perduta, l’ho ritrovata io, ed è in mio potere. E voi, signor marchese, pensate meglio, che non si portano di quelle gioje in casa; che alla moglie si porta rispetto, e non le si dà questa sorta di mali esempi. (entra nella camera ove è Bettina, e serra la porta)
OTT. Io resto stordito, come la marchesa abbia saputo di questo fatto! Come ha potuto penetrare... Ma! Io all’oscuro ho parlato con Bettina; e ora dov’è andata? Ah sì, la marchesa me l’ha involata! Ma prima ch’ella me la faccia sparire da questa casa, vo’ ritrovarla, vo’ meco condurla. Son nell’impegno; se vi andasse la casa, voglio superare il mio punto. (parte)