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LEL. Quanto mi piace la mia cara Venezia! Non me ne ricordavo più, perché son tanti anni ch’io manco. Ma queste donne particolarmente, queste donne, queste veneziane farebbero innamorare i sassi. Dove si trova mai tanta grazia? tanto brio? tanto garbo? Anco le brutte fanno la loro figura. Si sanno così bene accomodare, che incantano. Veder quelle che chiamano putte, puttazze. Oh, che roba! Oh che aria! Che vite! Che visi! Che balsamo! Che vitello da latte!
CAT. (Questo el me par un foresto). (da sé)
LEL. Parmi di vedere una donna. A tutte l’ore s’incontrano di queste buone fortune. Mi dispiace che son senza denari.
CAT. Vogio passarghe darente, per veder se lo cognosso. (s’accosta a Lelio)
CAT. Pur tropo, per mia desgrazia.
CAT. Ho perso la compagnia, e no so andar a casa.
LEL. Vuol che io l’accompagni?
LEL. Né anch’io.
LEL. Quando posso.
LEL. Intendo dire quando ho denari.
CAT. (Ho trovà la mia fortuna). (da sé)
LEL. Vuol restar servita a bevere un bicchiere di moscato?
CAT. Mo se el dise che nol gh’ha bezzi?
LEL. Pagheremo una volta per uno.
CAT. (Siestu maledetto!) (da sé) El moscato me fa mal.
LEL. In casa averà del buon vino.
CAT. Piccolo, la veda, piccolo.
LEL. Oh quanto mi piace il vino picciolo!
CAT. (L’è un sior degnevole. Oh, che bel forestiero che m’ho trovà!) (da sé)
CAT. (Per no andar sola, bisognerà che gh’abia pazenzia). (da sé)
LEL. Io son così colle donne: quando ne ho, ne spendo; quando non ne ho, lo dico, e se me ne danno, ne prendo.
CAT. Mo a Venezia el ghe ne troverà poche, che ghe ne daga.
LEL. Favoritemi della mano.
CAT. Son qua. (Podevio trovar de pezo?) (da sé)