Carlo Goldoni
L'amore paterno

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA     Arlecchino in abito da campagna, e Scapino

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ATTO PRIMO

 

 

 

SCENA PRIMA

 

 

Arlecchino in abito da campagna, e Scapino

 

SCAP. Oh oh, signor Arlecchino, ben tornato dalla campagna.

ARL. Com'èla, Scapin? Cossa vol dir? Mi te credeva ancora in Italia. Per che rason et tornà a Parigi?

SCAP. Oh bella! il signor Stefanello non mi ha mandato a Venezia per accompagnare a Parigi il signor Pantalone di lui fratello?

ARL. E ben? Stefanello è morto. Pantalon non ha più da venir a Parigi, e ti ti averessi fatto meio a restar in Italia. (Costù no lo posso soffrir; so che una volta l'aveva delle pretension sora Camilla).

SCAP. Anzi sono venuto a Parigi col signor Pantalone, e con due sue figliuole.

ARL. Pantalon è vegnù qua con do fiole? So fradelo è morto, e el vien qua con do fiole?

SCAP. A Lion solamente abbiamo saputo la morte del signor Stefanello. Il signor Pantalone ha pensato bene di proseguire il viaggio, e di venire a Parigi, sperando di ereditare i beni di suo fratello; ma il povero galantuomo ha qui scoperto che, per le leggi del Regno, non può ereditar cosa alcuna, e si trova nelle maggiori angustie del mondo. In Venezia non è mai stato ricco; viveva, si può dire, dei soccorsi di suo fratello, e tutto spendeva per educare le sue figliuole, le quali, per dire la verità, sono riuscite due maraviglie, una bravissima nelle scienze, e l'altra eccellente nella musica. Credeva di far un gran regalo a suo fratello, conducendogli quelle due gioje, ma il fratello è morto, ed il pover'uomo non sa a qual partito appigliarsi.

ARL. Niente. Cossa gh'alo paura? Non alo con lu do zoggie? A Parigi no manca i dilettanti de sta sorte de zoggie, el farà un bon negozio, el troverà da metterle in qualche bon gabinetto.

SCAP. Capisco quel che volete dire, ma il signor Pantalone è delicatissimo in materia d'onore; e le sue figliuole sono l'esempio della saviezza e della modestia.

ARL. Ho inteso. Zoggie morte, diamanti senza spirito; co no i è brillanti, no i gh'ha credito, no i fa fortuna. Mi conseggierave el sior Pantalon a tornar a portar la so mercanzia in Italia. La virtù è bella e bona ma la virtù in miseria l'è giusto come un diamante nel fango.

SCAP. Io credo che a quest'ora il signor Pantalone sarebbe partito, se Camilla a forza di buone grazie non lo trattenesse qui in casa sua.

ARL. Come! sior Pantalon xe in sta casa?

SCAP. Sì certo. Oggi è un mese che siamo qui. Stupisco che non lo sappiate.

ARL. No so gnente. Son stà quaranta zorni in campagna a far el vin, a far taggiar delle legne. Sangue de mi! e Camilla no me l'ha scritto?

SCAP. Che obbligo ha ella di farvi sapere tutti i fatti suoi?

ARL. Sior sì, la gh'ha obbligo de farmelo saver, perché l'ha da esser mia muier, e tutto quel che la gh'ha a sto mondo l'ha da esser mio, e no voio che la se fazza magnar el soo, e che la fazza magnar el mio, e sior Pantalon ha da andar via subito de sta casa colle so zoggie, ché delle zoggie che magna no ghe ne so cossa far, e comando mi, e in sta casa son patron mi, e se Camilla no lo manderà via, lo manderò via mi.

SCAP. (Diavolo, mi dispiace bene sentire che Camilla sia impegnata con costui). Piano, piano, signor Arlecchino, non tanto strepito, non tanta superbia. Ricordatevi che Camilla, voi ed io siamo stati tutti tre servitori del signore Stefanello.

ARL. Da mi a ti ghe xe sempre stà della differenza. Mi ho servio da mastro de casa, e ti da staffier.

SCAP. Sì, ecco la differenza. Voi siete ricco ed io sono povero, perché voi avete rubato assai più di me.

ARL. No xe vero niente, ti xe una mala lengua. Tutto quello che gh'ho, me l'ha el patron colle so proprie man.

SCAP. È verissimo. Il padrone vi ha sempre dato da spendere, ma voi non avete speso tutto quello che il padrone vi ha dato.

ARL. Ho i mi conti approvadi, ho el mio libro saldà.

SCAP. Se quel libro potesse parlare, ogni pagina domanderebbe vendetta.

ARL. Tasi , che te rompo el muso.

SCAP. Provati, se hai coraggio.

 

 

 


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