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Celio, Clarice, Angelica e Silvio
SILV. Questa musica è vostra? (con passione ad Angelica)
ANGEL. Sì signore, è una piccola cosa che non ha alcun merito.
SILV. È ammirabile.
ANGEL. Siete assai gentile per compatirla.
SILV. Favorite sentire s'io la capisco.
ANGEL. Voi la capirete senza veruna difficoltà. (restano tutti due impiegati ad osservare la musica)
CEL. Credo che il signor Silvio sia più fortunato di me. (a Clerice)
CLAR. Scusatemi, credo che il signor Silvio sia più discreto di voi.
CLAR. Egli non ardirà di spiegarsi con mia sorella, come voi vi siete spiegato con me.
CEL. Perché egli non amerà, come io vi amo.
CLAR. Se il vostro amore è perfetto, perché non lo partecipate a chi si conviene?
CEL. E a chi dovrei io farne parte?
CEL. A vostro padre? Ho inteso. Per ora non potreste voi dispensarmi?
CLAR. No, il vostro amore è dubbioso, ed io non lo deggio assolutamente soffrire.
CEL. (Gran disgrazia è la nostra. Le donne o sono troppo facili, o troppo severe. Nelle facili non vi è costanza, e nelle severe manca la compiacenza. (resta sospeso)