Carlo Goldoni
Gli amanti timidi

ATTO SECONDO

SCENA SESTA   Camilla ed il suddetto.

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SCENA SESTA

 

Camilla ed il suddetto.

 

CAM. (Non vedendo Arlecchino ch'è occupato a fare il baule) Se vedessi il signor Roberto, vorrei persuaderlo a riprendere il suo ritratto, prima che nascano nuovi scandali e nuovi rumori. Manco male che lo sbaglio ch'io ho fatto... Ah! questo sbaglio mi costa caro. Ho perduto il ritratto del mio Arlecchino. Ma s'è restato nelle mani del vecchio, spero che un giorno lo ricupererò. (volgendosi un poco) Oh cieli! Arlecchino è qui. (fa qualche movimento, onde Arlecchino si volti)

ARL. (Ah! cossa védio! La mia cara Camilla!) (da sé stando al suo posto)

CAM. (Mi sento una smania: non ho coraggio di andar innanzi: non so come fare a tornare indietro). (da sé)

ARL. (Vorria parlarghe; ma non so come far). (da sé)

CAM. (Vorrei profittare dell'occasione, ma non trovo le parole per introdurmi). (da sé)

ARL. Siora Camilla, la riverisso. (con timidezza)

CAM. Serva, signor Arlecchino. (con modestia)

ARL. Vorla comodarse? (le offerisce una sedia)

CAM. No, obbligatissima: non mi posso trattenere. Son venuta per vedere se vi era il signor Roberto.

ARL. (Oh! za, se gh'intende; no la xe vegnua per mi). (da sé)

CAM. Vedo che non c'è, vado via. (in atto di partire)

ARL. Cussì presto?

CAM. Non vorrei disturbarla. Vedo ch'ella è in faccende.

ARL. Ho da far el baul; ma da qua a sta sera ghtempo.

CAM. Si parte questa sera dunque? (patetica)

ARL. Siora sì, pur troppo. (sospirando)

CAM. Che? le rincresce di dover partire? (con un poco di premura)

ARL. In verità... me ricresce assae, ma assae.

CAM. E perché le rincresce? (pare che si lusinghi)

ARL. Ghe dirò... me piase Bologna... gh'ho dei amici... dei camerada...

CAM. (Ah! no, non gli rincresce per me). (da sé)

ARL. Sta sera anderemo via, ghe leveremo l'incomodo.

CAM. Questa sera? (afflitta)

ARL. Siora sì, el patron l'ha dito; e col dise una cossa, el la fa siguro.

CAM. Ma perché mai questa partenza così improvvisa? così precipitata? (afflitta)

ARL. Ghe despiase che andemo via? (consolandosi un poco)

CAM. Me ne dispiace infinitamente (come sopra)

ARL. E perché ghe despiase? (consolandosi un poco)

CAM. Le dirò... I miei Padroni tanto volentieri il signor Roberto... È tanto un signore proprio e compito.

ARL. (No ghpericolo che ghe despiasa per mi). (da sé)

CAM. (Vo' vedere se dice niente del ritratto che non ha più trovato sul tavolino). (da sé)

ARL. (Ghe diria qualcossa; ma ho paura che la se burla de mi). (da sé)

CAM. Si vede per altro che il signor Roberto ha della stima per la mia padrona; poiché partendo ha promesso di lasciarle il di lui ritratto.

ARL. El gh'ho anca mi el mio ritratto. (con bocca ridente)

CAM. Anch'ella ha il suo ritratto? (mostrando maravigliarsi)

ARL. Siora sì. (come sopra)

CAM. E dove lo ha il suo ritratto? (sorridendo)

ARL. L'ho qua. (accennando la saccoccia sorridendo)

CAM. Oh! non sarà poi vero. (scherzando)

ARL. L'è cussì, da galantomo. (seriamente)

CAM. L'ha in saccoccia? (con premura e maraviglia)

ARL. Siora sì. (con serietà) Vorriala véderlo?

CAM. Lo vedrei con piacere. (Mi pare impossibile). (da sé)

ARL. Eccolo qua, la se serva. (tira fuori il ritratto e glielo , volgendosi in altra parte per vergogna)

CAM. (Prende il ritratto, lo apre un poco e lo chiude subito) È verissimo. (Come mai è ricapitato nelle sue mani? (da sé) Bravo! me ne consolo, tenga il suo ritratto. (lo suol rendere)

ARL. (No la l'ha gnanca vardà). (da sé, con dispiacere)

CAM. Tenga, signore.

ARL. No la se degna vardarlo gnanca?

CAM. Oh! l'ho veduto.

ARL. S'el ritratto no ghe despiasesse... me torave la libertà... (timoroso)

CAM. Di che?

ARL. De offerirghelo. (con riverenza e timore)

CAM. No, no. La prego; non sono in caso di riceverlo. (glielo , ed Arlecchino lo prende)

ARL. (Questo xe segno che no gh'importa dell'original). (da sé, afflitto)

CAM. Serva sua. (in atto di licenziarsi)

ARL. Servitor suo. (mortificato)

CAM. (Oh! quanto volentieri accetterei quel ritratto: ma mi vergogno). (da sé)

ARL. (Oh! ho fatto ben a no dichiararme). (da sé)

CAM. (Sì, vo' veder se mi riesce). (da sé) Favorisca. Il pittore che ha fatto il suo ritratto, è egli il medesimo che ha fatto quello del signor Roberto?

ARL. Nol xe el medesimo veramente. El xe un poveromo, ma che gh'ha dell'abilità per far someggiar.

CAM. E che sì, che il suo somiglia più di quello del signor Roberto?

ARL. Me par de sì.

CAM. Quello l'ho veduto, e l'ho presente, come se lo vedessi; mi lasci un'altra volta veder il suo.

ARL. Volentiera. (Vorria pur che la ghe chiappasse gusto, e che la l'accettasse). (da sé) Eccolo qua. (le torna a dare il ritratto serrato)

CAM. Vediamo un poco. (senza aprirlo) Oh! mi pare di sentir gente. Non vorrei che dicessero... (guardando verso la scena)

ARL. Mi no vedo nissun. (volgendosi un poco)

CAM. (Se mi va fatta...) (da sé; mentre Arlecchino guarda verso la scena, Camilla cambia il ritratto mettendo via quello di Arlecchino, e tirando fuori quello di Roberto)

CAM. Tenga, tenga. (gli vuol render il ritratto, mostrando aver paura)

ARL. L'ala vardà?

CAM. No, no, sento gente. Ho paura di esser sorpresa. (gli vuol dare il ritratto serrato com'era)

ARL. La lo tegna.

CAM. No certo.

ARL. La prego.

CAM. No sicuramente. (glielo fa prender per forza)

ARL. Lo butterò via. (seguitando Camilla con ansietà)

CAM. Ne faccia quello che vuole. (parte)

 

 

 


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