Carlo Goldoni
Gli amori di Zelinda e Lindoro

ATTO TERZO

Scena Seconda. Zelinda, Lindoro, Don Federico, Marinaro, poi Facchino

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Scena Seconda. Zelinda, Lindoro, Don Federico, Marinaro, poi Facchino

 

Arriva un burchietto, da cui sbarca Don Federico in abito da viaggio con rodengotto e bastone. – Un marinaro mette in terra il baule, chiama un facchino, e viene lo stesso facchino che aveva portato il

 

MAR. Facchino. Ehi, vi è nessuno che porti?

FAC. Eccomi, eccomi, che cosa ci è da portare?

FED. Questo baule.

FAC. Dove si ha da portare?

FED. In strada Nova, dirimpetto all'Università, vicino ad uno speziale da medicine.

ZEL. (piano a Lindoro) Sentite? Pare che questo forastiere vada precisamente alla casa di Don Roberto.

LIN. (piano a Zelinda) Potrebb'essere Don Federico, tanto aspettato da Donna Eleonora.

FAC. (Vuol prendere il baule poi si ferma) Signore, vi sarebbe pericolo che con questo baule mi succedesse qualche altro imbroglio?

FED. Perché? qual imbroglio può succedere? Vengo di viaggio, quella è la roba mia.

FAC. Scusatemi, ma questa mattina per un baule preso, e portato e riportato nel medesimo luogo, ho avuto un imbarazzo del diavolo.

FED. E in casa di chi l'avete portato?

FAC. Di certo signor Don Roberto...

FED. Sì, è mio vicino. Lo conoscete?

FAC. Lo conosco certo.

FED. E che fa la signora Donna Eleonora?

FAC. Oh questa poi non la conosco per niente.

FED. Sua moglie; non la conoscete?

FAC. Non signore; ma se volete averne notizia, ecco vedete quelle due persone? Credo siano di casa, ed esse ve lo diranno.

FED. Voi altri siete di casa di Don Roberto? (a Zelinda e Lindoro)

LIN. Sì, signore, siamo stati al di lui servigio, ma ora non ci siamo più.

FAC. Signore, io non ho tempo da perdere. Se volete che io porti il baule...

FED. (Son curioso di saper qualche cosa.) (al Facchino) Vi ho detto la casa mia. Tenete il mio nome. Consegnate il baule al mio fattore, se ci è, e se non ci è, aspettatemi.

FAC. Oggi è la giornata dei bauli, e dell'aspettare. (parte)

FED. (a Lindoro) Voi dunque eravate in casa di Don Roberto?

LIN. Sì signore.

FED. In qual figura?

LIN. Di segretario.

FED. (a Zelinda) E questa giovine?

ZEL. Di cameriera di Donna Eleonora.

FED. Come si porta Donna Eleonora?

ZEL. Benissimo.

LIN. Scusatemi, , sarete voi per avventura il signor Don Federico?

FED. Appunto, come mi conoscete?

LIN. Oh la signora Donna Eleonora vi ha nominato più volte; ella era impaziente di rivedervi.

FED. Povera signora! Ha sempre avuta della bontà per me. Ma per qual ragione siete usciti della casa di Don Roberto?

LIN. Vi racconterò l'istoria, signore...

ZEL. Che serve andar per le lunghe? Vi è stata qualche picciola differenza; cosa di nulla. Ma noi non possiamo dolerci de' nostri padroni, né essi ponno dolersi di noi.

LIN. Signore, siamo due sfortunati. Eccoci qui senza impiego, e senz'appoggio veruno.

FED. Se posso giovarvi, lo farò volentieri. Parlerò col signor Don Roberto, e se il motivo per cui siete sortiti di casa non è di gran conseguenza...

ZEL. Signore, poiché avete la bontà d'interessarvi per noi, mi basta che v'adopriate presso del mio padrone, perché si contenti di farmi avere la mia roba.

FED. E per qual causa ve la trattiene? Gli dovete voi qualche cosa?

ZEL. No, signore, non gli devo niente.

LIN. Ma vorrebbe obbligarla a tornare in casa.

FED. (a Zelinda) Siete voi dunque che avete voluto sortire?

ZEL. La padrona mi ha licenziato.

FED. E per qual ragione?

LIN. (con calore) Perché la signora Donna Eleonora...

ZEL. Ha creduto bene di licenziarmi. Mi avrò demeritato la sua protezione. La servitù non si sposa, e non mi lamento di lei.

FED. (In verità questa giovine ha degli ottimi sentimenti.) (alli due) Sarete, m'immagino, marito e moglie?

LIN. Non signore.

FED. Siete fratello e sorella?

LIN. Né meno.

FED. (verso Zelinda) Ma! due giovinotti insieme...

ZEL. Non abbiamo a rimproverarci dalla parte dell'onestà.

FED. Lo credo, ma non mi pare che vada bene...

LIN. È verissimo. Avete ragione. Ci vogliamo bene, desideriamo sposarci, e non abbiamo altra colpa che questa per meritare gl'insulti della fortuna.

FED. Non ci è altro che questo? E perché il signor Don Roberto e la signora Donna Eleonora non danno anzi la mano ad un matrimonio conveniente eguale, onorato? Lasciate fare a me; voglio parlare a' vostri padroni, voglio persuaderli a quest'opera buona, voglio procurare di vedervi uniti e contenti.

LIN. (con allegrezza) Oh lo volesse il cielo!

ZEL. (con allegrezza) Il cielo vi ha mandato per noi.

 


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