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ELE. Sentite a quali impertinenze son io soggetta?
FED. Ma, cara Donna Eleonora, parlano con tale franchezza che mi pare ancora impossibile... Siete voi ben sicura che Don Roberto abbia delle cattive intenzioni e che quella giovane vi aderisca?
ELE. Ne son sicurissima.
FED. Ma se ella ama il giovane che ho qui veduto, come può nutrire per il padrone...
ELE. Non può ella amare il giovane per inclinazione ed il vecchio per interesse? Ma voi non siete più per me quel vero leale amico che mi foste per lo passato.
FED. Signora, sono sempre il medesimo, ed ho per voi la medesima stima; ma sono un uomo d'onore, e non ho animo per compiacervi di fomentare la disunione di un matrimonio.
ELE. Oh, per questa parte ho deciso. Voglio ritornare in casa co' miei parenti. Non voglio più vivere con mio marito.
FED. Riflettete che questo è l'estremo dei disordini d'una famiglia; che è l'ultimo eccesso a cui possa arrivare una moglie; che farete ridere il mondo, e che vi pentirete d'averlo fatto.
ELE. Sono risolutissima, e vi potete risparmiare l'inutile fatica di dissuadermi.
FED. Ma che dice il signor Don Roberto? Sa egli la vostra risoluzione?
ELE. Sì, certo, gliel'ho detta e ridetta.
ELE. Ha fatto di tutto per acquietarmi. Mi ha pregata, mi ha fatto pregare, ma inutilmente.
FED. (Ecco il male che ha fatto Don Roberto. Se non l'avesse pregata, si sarebbe da sé pentita).
ELE. Non voglio più vivere con un uomo che vuol favorire una serva a dispetto mio.
FED. Ma io vorrei pur vedere di accomodarvi...
ELE. È inutile che me ne parliate.
FED. Quando è così, non so che dire, fate tutto quel che vi aggrada.
ELE. Oh sì, lo farò certamente.