Carlo Goldoni
Gli amori di Zelinda e Lindoro

ATTO TERZO

Scena Quindicesima. Don Roberto, poi Zelinda, poi Fabrizio

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Scena Quindicesima. Don Roberto, poi Zelinda, poi Fabrizio

 

ROB. Tutto potrei sopportare. Ma l'astio, la persecuzione a quella povera figlia, mi passa l'anima, mi affligge infinitamente.

ZEL. (da sé indietro, piangendo) (Eccolo. Oh cieli! non ho coraggio di presentarmi.)

ROB. Dove mai sarà la povera mia Zelinda? che farà la povera sfortunata? (Zelinda piange) Chi sa, se la vedrò più! Chi sa che quell'ardito di Lindoro non abbia finito di precipitarla!

ZEL. (piange forte, e Don Roberto si volta)

ROB. Oh cieli! eccola qui. Eccola, eccola, la mia Zelinda. (le corre incontro con allegrezza)

ZEL. Signore vi domando perdono. (piangendo)

ROB. Sì, cara figliuola, vi perdono assai volentieri. Ero in pena per voi; mi consolo di rivedervi. Il cielo finalmente vi ha illuminata. Siete ritornata con me, spero che non mi abbandonerete mai.

ZEL. Ah signore, le mie disavventure si aumentano, la mia miseria è estrema; per colmo della mia disgrazia, il mio povero Lindoro è prigione.

ROB. In prigione Lindoro! Che cosa ha fatto quel disgraziato?

ZEL. Non ha altra colpa il meschino che avermi difesa dalle persecuzioni di vostro figlio.

ROB. Ah figlio indegno, disobbediente, ribaldo!

ZEL. Se avete ancora della pietà per me, accordatemi una sola grazia, vi prego.

ROB. Povera figlia! dite, che posso fare per voi?

ZEL. Datemi il mio poco danaro, datemi la mia roba, per carità.

ROB. E che vorreste voi farne?

ZEL. Vender tutto, impiegar tutto, per liberare Lindoro.

ROB. Ed è possibile che non vogliate disingannarvi? che vogliate amarlo ostinatamente? perdervi per sua cagione? perdere l'amor mio, le speranze ch'avete sopra di me, la vostra pace, la vostra tranquillità?

ZEL. Perderei me stessa per liberare Lindoro. (piange)

ROB. (Che amore è questo! che costanza inaudita, che tenerezza, che fedeltà! Ed io sarò sì barbaro per oppormi ad un tal legame? Diffiderò che la provvidenza non sia per favorire un affettopuro, sì costante, sì virtuoso?)

ZEL. Eccomi a' vostri piedi, signore... (s'inginocchia)

ROB. Alzatevi. (inquieto) In qual prigione è Lindoro?

ZEL. Non lo so, signore.

ROB. Chi l'ha arrestato? (inquieto)

ZEL. La guardia ch'è destinata al Ticino.

ROB. Quanto tempo sarà?

ZEL. Mezz'ora appena.

ROB. Sarà tuttavia alla gran Guardia... Il capitano è mio amico. Ma che ha egli fatto contro mio figlio? lo ha insultato? lo ha ferito? lo ha maltrattato?

ZEL. Nulla di ciò, signore; non ha che messo mano alla spada. Deh! perdonategli questo giovanile trasporto. (vuole inginocchiarsi)

ROB. Fermatevi. (Non ho cuor di resistere più lungamente.) Ehi, chi è di ?

FAB. Signore.

ROB. Andate subito alla gran Guardia. Riverite il capitano per parte mia, e se Lindoro è tuttavia in suo potere, ditegli... Sì, ch'egli è il mio segretario, ch'io ne sarò responsabile, e che mi rendo cauzione per lui.

FAB.signore...

ZEL. (a Fabrizio) Oh me felice! Ditegli ch'è il segretario del signor Don Roberto, del mio caro padrone, che perdona a me, che perdona a lui, che si è mosso a pietà delle mie lagrime, e delle nostre sventure.

ROB. (a Fabrizio) Chi può resistere a una sì bella passione?

FAB. Avete ragione, signore. Ella merita tutto. Zelinda, vi domando scusa, e vi prometto di non inquietarvi mai più. (Bisogna farsi un merito della necessità.) (parte)

ZEL. Oh quante grazie! Oh quante obbligazioni! Oh quanta bontà che voi avete per me!

ROB. Non so che dire. Voi persistete a voler Lindoro. Io lo faccio mal volentieri.

ZEL. Perché, signore, mal volentieri? Oh se sapeste quanto egli è amabile! quanto è egli buono... Ma oh cieli! Ecco qui la padrona. (timorosa)

ROB. Non temete di nulla. Spero che la troverete più docile, e meno austera.

 


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